Smartphone a scuola, sì o no? Lancini: ‘Adulti nascondono le proprie carenze dietro internet e cellulari’

Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, presidente della fondazione Minotauro di Milano, insegna presso il dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. È autore di diversi libri sull’adolescenza. Gli abbiamo chiesto cosa ne pensa del dibattito in corso nelle scuole a cui abbiamo assistito in queste settimane leggendo di casi in cui è stato vietato agli alunni l’utilizzo dello smartphone a scuola. 

Professore, dopo il Covid è tornato alla ribalta nelle scuole il tema smartphone sì/smartphone no. Siamo tornati indietro?

E’ incredibile che oggi si dibatta nelle scuole del tema smartphone sì/smartphone no. Abbiamo fatto tutti, durante la pandemia, centinaia di webinar e di conferenze on line dove vedevamo solo piccoli schermi con i nomi di smartphone, senza volti. Ai ragazzi invece è stato chiesto di metterci la faccia, di stare in video col volto e questo comporta una grande esposizione, soprattutto per i più fragili. In pandemia Internet si è rivelato indispensabile e la mancata accensione della telecamera è stata considerata assenza dalla scuola, il cui portone era in realtà chiuso. Ora invece diciamo loro che internet e gli smartphone non vanno più bene? Quando arrivano all’università, i ragazzi sono tutti i giorni in aula con il pc e internet, solo negli anni della scuola non è permesso loro di farlo”. 

Ci sono molti luoghi comuni sugli adolescenti, lei ha scritto diversi libri su questo

“Gli adolescenti odierni smentiscono gli stereotipi. Vengono identificati con le fragilità degli adulti, ma loro sono abituati a non essere liberi  fin da piccoli. Io andavo a scuola a piedi, da bambino, in una Milano dove il terrorismo si esprimeva nei peggiori modi. Oggi invece sono sempre ipercontrollati. La crescita si sviluppa soprattutto nei momenti in cui non si è sotto il controllo dei genitori, ma nel gruppo dei pari. Vogliono i figli fuori casa si, ma con l’allenatore o il maestro di questo e quella attività. Non hanno mai frequentato cortili e parchi dove avrebbero potuto farsi male. Per questo si sono inventati piazze e giochi virtuali, in cui sperimentare la propria identità nascente. Gli adulti oggi dicono che  tutti i problemi dei figli dipendano da Internet e dal cellulare. Chiaramente non è cosi. Le ricerche, tra l’altro, ci dicono che la principale “spacciatrice” di internet ai figli è proprio la madre. Spesso genitori e insegnanti nascondono le proprie carenze di educatori inveendo contro il potere ormai fuori controllo di tecnologie mobili che loro stessi utilizzano anche più dei figli”.

Gli adolescenti di oggi sono più trasgressivi?

“Gli adolescenti non sono più trasgressivi, si sono responsabilizzati di fronte ad adulti confusi, ma che provano ogni giorno a voler bene a ragazze e ragazzi. Scontano la mancanza di figure autorevoli capaci di guidarli nel loro percorso evolutivo. Il cyberbullismo, il ritiro sociale, l’autolesionismo, la bulimia e l’anoressia sono solo alcuni dei modi in cui si manifesta una sofferenza nascosta e trascurata. Il corpo è diventato il luogo in cui il loro muto dolore si esprime”.

E’ in famiglia che si diventa fragili? 

“Ci sono stati cambiamenti sociali epocali, oggi si può pensare di disgiungere la nascita di un figlio dall’atto sessuale, grazie alla medicina. Si è passati dalla famiglia delle regole a quella della creatività favorendo però il narcisismo dei figli e una loro intrinseca fragilità. I genitori iniziano a dire no troppo tardi, cercando di rifarsi poi a modelli educativi che non condividono veramente. I divieti degli adulti, instaurati nella fase adolescenziale, vengono vissuti dai ragazzi come una volontà di negare lo sviluppo, l’affermazione di sé e la capacità di decidere in autonomia. Il percorso di crescita si carica allora di tensioni nei ragazzi e di senso di delusione e di impotenza nei genitori”.

I genitori hanno poco dialogo con i figli?

“Hanno sicuramente più dialogo di quello che abbiamo avuto noi con i nostri padri, ma non c’è un vero ascolto. Infatti quando un adolescente ha la fortuna di incontrare un docente che lo ascolta davvero possono accadere crescite meravigliose. Hanno davvero bisogno sono adulti autorevoli, insieme ai quali definire il loro progetto futuro”.

Come i docenti possono relazionarsi con i genitori in modo costruttivo?

“E’ difficile perché ai genitori spesso non interessa la scuola ma solo le performance del proprio figlio o figlia. Io sto ancora cercando una scuola primaria dove bambini e bambine prendano la stessa quantità di note. Non esiste”. 

In un libro lei parla di terza nascita. Cosa intende?

“Incontro ogni giorno giovani adulti in condizione di disagio: persone fra i venti e i trent’anni alla difficile ricerca di un’identità sociale. Non riescono ad elaborare in modo autonomo la conflittualità adolescenziale  per acquisire in forma stabile le caratteristiche tradizionalmente riconducibili all’età adulta. E’ una fase successiva all’adolescenza, sia rispetto alla fisiologia della crescita sia rispetto alla qualità della sofferenza psicologica, in una prospettiva psicodinamica ed evolutiva. E per questo la definisco “terza nascita”, considerando la seconda nascita con l’adolescenza. E’ un momento cruciale per la definizione e costruzione dell’identità dell’individuo e bisogna riflettere a partire dal contesto affettivo, relazionale e sociale in cui avviene”.

Cosa la scuola non riesce a comprendere?

“Che bocciare, valutare con dei numeri, comporta danni. Nelle linee guida dei professionali, in un certo senso, si spingeva a non bocciare nei primi due anni  che è il periodo di massima dispersione. Ma le scuole hanno difficoltà a capire questo”.

Il ritiro sociale è sempre più diffuso…

“La rivoluzione digitale ha creato ambienti espressivi nei quali sperimentare nuove possibilità di realizzazione e trovare rifugio, una sorta di autoricovero che esprime sia il dolore sia un tentativo di alleviarlo o superarlo. Il ritiro sociale oggi la più significativa manifestazione del disagio giovanile ed è dimostrato come non solo sia in aumento, ma abbia un esordio sempre più precoce. Diversi Uffici scolastici regionali si stanno occupando di questo. Penso alle linee guida dell’Emilia Romagna che ha fatto un grande lavoro coinvolgendo tutti i servizi che ruotano intorno agli adolescenti  per  affiancare i ragazzi e le famiglie in modo precoce e tempestivo”. 

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