Sistemi formativi: ripartire dai nuovi linguaggi
La trasformazione digitale impone nuovi modelli formativi per comprendere le sfide e le opportunità che dovremmo affrontare nella nuova epoca. Siamo in un’epoca di fenomeni che non siamo in grado di interpretare perché quello che oggi accade non è mai successo prima in questi termini. Un cambiamento che modifica le competenze delle nuove generazioni e spinge ad una risposta non adattiva allo scenario ma ad un progetto più pianificato. Ne abbiamo parlato nel numero di gennaio di Tuttoscuola.
Questa consapevolezza è l’unica strada che può condurci verso un mondo di luce, piuttosto che verso un mondo di tenebre. Si sente il bisogno di parole nuove per dare concretezza ad una nuova visione, di valori e di serietà, per recuperare anche i fili spezzati tra generazioni. Ci sono, infatti, molte questioni che investono aspetti essenziali delle dinamiche formative e sociali.
Il ripensamento dei sistemi formativi e dei programmi di studio, deve porsi in primis l’obiettivo di motivare i singoli e innescare processi creativi, di nuove forme di partecipazione, integrazione, interazione e inclusione. La crescita culturale, economica e sociale passa attraverso il riconoscimento dell’intrinseco valore che la società sa riconoscere al sistema di istruzione, di educazione e ricerca e che sa valutare e scegliere dove andare.
Promuovere un sistema formativo aperto alle esigenze della realtà sociale, economica e culturale, significa porlo alla base, e in parallelo, al centro delle azioni che governano il mondo della politica, dell’economia e delle relazioni internazionali.
Da oltre un quindicennio nessuno sport italiano di squadra si afferma in competizioni internazionali, mentre i successi non mancano in quelli individuali. Lo spirito collettivo sembra non essere il punto di forza del Paese, in grado di dare un esempio alle nuove generazioni della responsabilità per il bene comune. Il saper lavorare in gruppo, condividere un linguaggio, l’essere integrati in sistemi in grado di creare valore aggiunto debbono essere i punti cardine del nuovo modo di organizzare il lavoro e poter andare avanti non solo nelle grandi organizzazioni, ma anche nelle istituzioni scolastiche. Quindi serve il “buon esempio”.
La capacità di lavorare insieme, in team deve, sempre, accoppiarsi con il pensiero creativo e l’empatia, per confrontarsi con le trasformazioni e portarle a sistema. Il clima cooperativo fa accadere cose che altrimenti non succederebbero.
La velocità del cambiamento, determinando una distanza sempre più ampia tra domanda e offerta, impone di rincorrere competenze non ancora formate. Una distanza che diventa sempre più lunga quale risultato della debolezza del sistema educativo e del sistema delle imprese nel prevedere le competenze di cui avrà bisogno la società civile. Che fare? Non sarebbe il caso di rafforzare nei giovani una base di cultura e pensiero critico? Di capacità di osservare e interpretare? Di promuovere la capacità di informarsi e di scegliere? Di immaginare il futuro, scartando ciò che si ritiene dannoso e impegnandosi per ciò che è bene?
Secondo alcune ricerche (EY) un terzo dei 2,5 milioni di posti di lavoro che si potranno creare nel prossimo quinquennio comprende competenze non solo digitali, che oggi non sono sempre disponibili.
Si tratta di investire per creare le condizioni allo sviluppo di nuove capacità professionali, promuovendo intese con università, istituzioni scolastiche, imprese per favorire il formarsi delle competenze di cui l’Italia avrà bisogno nei prossimi anni.
I dati del Word Economic Forum ci dicono che entro il 2022 l’automazione “cancellerà” 75 milioni di posti di lavoro, ma allo stesso tempo ne saranno creati altri 122 milioni. I dati dimostrano che non andremo incontro a una distruzione ma a una trasformazione del lavoro che richiederà più istruzione, cultura e capacità, ossia competenze necessarie a posti di lavoro che oggi non esistono.
Il problema, perciò, da affrontare riguarda l’istruzione e la formazione di oggi, che richiede qualità e profondità, le competenze necessarie oggi a chi insegna e forma, che vadano oltre alla capacità tecnica pura e semplice, che si integrino con le soft skills, in una logica di mobilitazione delle competenze che sia in grado di rispecchiare modelli organizzativi nuovi, che parlano tra loro, con linguaggi flessibili, trasversali e agili per qualcosa che “oggi” non sappiamo ancora fare.
Promozione di un nuovo modello di scuola
Come, allora, ridisegnare il presente e il futuro del nostro sistema educativo? Come costruire una nuova narrativa dello sviluppo del sistema formativo che abbia al centro progetti e cambiamenti fungibili per la collettività? Come recuperare la consapevolezza di dover essere fonte determinante del laboratorio di una nuova cornice culturale capace di orientare e far sentire la propria voce nelle grandi questioni della governance istituzionale e sociale (Ambiente, tecno-scienza, integrazione economica e sociale, migrazioni, etc). In primo luogo guidando la nuova generazione a comprendere i meccanismi e i linguaggi dell’informazione, a scegliere i linguaggi giusti che permettono di dare significato alla vita, ossia a vedere le cose in modo critico ed obiettivo per inserirle in una narrativa coerente e intellegibile. Il digitale viene proposto come uno strumento in grado di risolvere tutti i problemi, di portare il servizio scolastico al massimo dell’efficienza, di garantire ai giovani elevati esiti formativi: quanto è vero? Abbiamo provato a rispondere nel numero di gennaio di Tuttoscuola.
Se con il digitale si può dare soluzione a molti problemi, è anche vero che un enorme quantità di tecnologia ha ricadute problematiche sulla qualità della vita di ciascuno. Il fatto che pochi soggetti dispongano di “… una ricchezza pari a quella di 3,6 milioni di persone, qualche riflessione la induce“ (Giorgio Ventre, Reportage del Congresso AIDP 2018).È il momento di fare una riflessione che vada oltre i molti indiscutibili vantaggi del digitale, e ne valuti gli impatti e i rischi in quanto non può essere solo la tecnologia a determinare la qualità della vita di tutta la comunità sociale. È il momento di individuare nuove forme e modalità innovative per condividere un percorso capace di valorizzare le cose già fatte e individuare il metodo migliore per aggiungerne di nuove, a combinare tecnologia, persone e cultura, progettare nuove forme di organizzazione, nuove regole sociali e culturali.
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