Sindacati e movimenti/1. Fine di un’epoca

Come sembra lontano il tempo della vincente coesione del sindacalismo scolastico: di quello espresso unitariamente dalle organizzazioni di categoria aderenti alle tre grandi confederazioni (la potente “Trimurti”, come la chiamavano amici e nemici), ma anche di quello autonomo più tradizionale (Snals) o più recente (la Gilda degli insegnanti).

Un sindacalismo che in non pochi passaggi, anche contrattuali, aveva operato in una sostanziale unità d’intenti, agendo come principale se non esclusivo interlocutore dei governi e dei ministri di turno. Forte anche del beneficio di numerosi distacchi di personale della scuola, di cui molti utilizzati presso le strutture centrali, i cinque principali sindacati della scuola avevano trattato e contrattato, formalmente e informalmente, praticamente tutta l’attività amministrativa del Ministero, agendo sul territorio a volte quasi come elementi di sostegno esterno all’amministrazione scolastica periferica.

La solidità e la solidarietà operativa dei cinque sindacati “maggiormente rappresentativi” non erano venute meno, di fatto, nemmeno durante il difficile quinquennio morattiano (si ricordi la vicenda del “tutor” e del “portfolio”), per poi riconsolidarsi nel biennio del governo Prodi-Fioroni.

Il panorama che si presenta ora è completamente diverso. Il legame solidaristico tra i sindacati pare essersi sciolto come neve al sole, sostituito da una accentuata sottolineatura dell’identità di ciascuno, in aperta concorrenza con gli altri. In particolare la distanza tra la Cisl scuola, il sindacato con il maggior numero di iscritti, e la Flc Cgil, il sindacato più votato nelle elezioni per le RSU, è andata crescendo in una spirale di recriminazioni, accuse, strappi, firme separate. Ultimo episodio, la contrapposta valutazione dei “contratti di disponibilità” per i precari rimasti senza lavoro. Un buon accordo per la Cisl, un inganno per la Cgil.