Silvia Mezzanotte: ‘Sogno una scuola che insegni ai giovani ad avere autostima e coscienza di sé

Di Sara Morandi

Silvia Mezzanotte è un’artista profondamente legata alla tradizione musicale del suo paese. Ha recentemente arricchito il progetto “Giancarlo Bigazzi in Lounge” con una nuova versione del brano “Ti Pretendo” di Raf, interpretandolo con una sofisticata eleganza che riflette il suo stile unico. Mezzanotte ha anche omaggiato Mina attraverso un recital intitolato “Vorrei che fosse amore”, esprimendo la sua ammirazione per la leggendaria cantante italiana. La sua esperienza con i Matia Bazar, con cui ha condiviso momenti di intensa simbiosi artistica, rimane un capitolo indimenticabile della sua carriera. Oltre ad essere una talentuosa cantante, Mezzanotte è anche insegnante di canto e vocal coach, sostenendo l’importanza dell’educazione musicale nelle scuole come strumento per esprimere e gestire le emozioni. Con una visione chiara del futuro, immagina una scuola che coltivi le particolarità dei giovani, promuovendo valori di autostima e di rispetto per l’originalità.

Il Suo nuovo singolo “Ti Pretendo” di Raf arricchisce il progetto “Giancarlo Bigazzi in Lounge”. Cosa rappresenta per Lei questo progetto e in che modo pensa che possa contribuire alla riscoperta della musica italiana?

“Sono onorata di far parte di questo progetto perché Giancarlo Bigazzi è stato uno degli autori più prolifici e intensi che abbiamo avuto. Basta ricordare Gloria, Ti amo, Gente di mare e Gli uomini non cambiano, anche se in realtà ha scritto centinaia di canzoni di successo. Il progetto Bigazzi in lounge nasce dalla volontà di Giovanni Bigazzi di dare una veste nuova, originale ad alcune delle canzoni del padre, e farle rivivere in una luce diversa. Per questo ha affidato la direzione artistica a Franco Fasano e gli arrangiamenti a PAPIK in collaborazione con Peter De Girolamo. Io adoro questo brano e Raf da sempre. E conoscevo il mondo di PAPIK con cui desideravo una collaborazione… L’occasione è arrivata con questa nuova versione di Ti pretendo, fresca ed elegante. Ti pretendo ha un testo piuttosto crudo. Oggi sarebbe non politically correct, ma noi ne abbiamo dato una interpretazione più sofisticata e classica, fatta di seduzione e eleganza, più vicina al mio mondo musicale e alla mia realtà”.

E’ stata protagonista del recital “Vorrei che fosse amore – Omaggio a Mina”. Qual è la canzone del repertorio di Mina che ama di più o che La rappresenta maggiormente, e cosa significa per Lei, portare in scena un omaggio ad una leggenda della musica italiana?

“È un repertorio complesso e di straordinario peso emotivo. Per cantarlo, al di là della capacità tecnica o interpretativa serve soprattutto equilibrio, perché altrimenti potresti esserne sopraffatta. Io ho deciso di farlo mio, riproponendolo con tutta la mia intensità emotiva. Nel pieno rispetto degli arrangiamenti originali ma con intenzione e interpretazione del tutto personali. Forse il brano che amo di più è “Grande, grande, grande”. Fu uno dei miei primi cavalli di battaglia”.

Matia Bazar: che ricordi ha di questo gruppo storico? Agli inizi della Sua collaborazione con la band, ha mai temuto il paragone con Antonella Ruggiero?

“Matia Bazar era ed è un tatuaggio sul cuore. Una sorta di indelebile marchio di fabbrica. Meglio ancora… Certificazione di qualità. Ho ricordi meravigliosi sia sotto il profilo umano che professionale. Si può dire che in quegli anni io, Giancarlo Golzi, Piero Cassano e Fabio Perversi abbiamo vissuto una sorta di simbiosi artistica.  No, non ho mai temuto il confronto perché amo troppo Antonella per immaginare una competizione. Piuttosto ispirazione”.

Da insegnante di canto e vocal coach, quanto pensa che l’educazione musicale sia importante nelle scuole e quali metodi possono essere più efficaci per avvicinare i ragazzi alla musica?

“La musica e il canto sono strumenti attraverso i quali esprimere in modo sano le emozioni, la tristezza, il caos esistenziale che spesso appartiene al mondo degli adolescenti. Istintivamente il canto disciplina, coordina, manifesta e costringe ad affrontare le emozioni. Le fa emergere dalle nebulose ormonali a cui l’adolescenza è sottoposta, le fa affiorare, le abbraccia e le ricolloca poi in modo più consapevole nel vissuto di ognuno di noi”.

Come immagina la scuola dei Suoi sogni e quali valori fondamentali dovrebbe promuovere per preparare i giovani al futuro?

“Credo e temo che i giovani oggi siano stati poco educati a sognare e a desiderare. Colpa nostra, della mia generazione, più incline ad anticipare i bisogni che a lasciare che emergano diventando un’urgenza. Così i ragazzi fin da piccoli diventano contenitori nei quali inserire tutto. Dalla musica allo sport, senza che sviluppino autonomamente un interesse vero. Una richiesta vera… In realtà in questo modo si crea una gran confusione e le passioni, quelle che ti spingono a lottare per ottenere ciò che vuoi, restano assopite, nascoste dietro un mare di attività iniziate e spesso mollate a metà.  Ecco. Vorrei una scuola nella quale si potessero coltivare le particolarità, trasformandole in leve per sollevare il mondo. E poi vorrei una scuola che preparasse i ragazzi al fuori. Che li istruisse al rispetto per la propria originalità e quella degli altri. Che insegnasse loro due cose fondamentali per il proprio futuro: autostima e coscienza di sé”.

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