Si vara la riforma degli organi collegiali territoriali

Il consiglio dei ministri ha rinviato per mancanza di tempo l’approvazione dello schema di decreto legislativo per la riforma degli organi collegiali territoriali della scuola. Lo schema sarà esaminato in un prossimo consiglio.

Dopo l’approvazione, lo schema andrà alla Conferenza Stato-Regioni per il prescritto parere e potrà poi essere definitivamente approvato, come prevede la specifica legge di delega, entro il 23 gennaio prossimo.

Secondo lo schema, vengono riformati gli attuali consigli scolastici distrettuali e provinciali, e il consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), per lasciare posto ai consigli scolastici locali, ai (nuovi) consigli scolastici regionali e al consiglio nazionale dell’istruzione e della formazione.

Degli attuali organismi, nati dai decreti delegati del 1974, erano già stata prevista la riforma da un apposito decreto legislativo predisposto dall’ex-ministro Berlinguer ed emanato nel 1999 (decreto n. 233), ma l’attuale ministro dell’istruzione non aveva proceduto alla sua applicazione, ottenendo una nuova delega dal Parlamento per riformare quegli organismi. Delega che viene appunto ora onorata con il provvedimento esaminato dal Consiglio dei Ministri.

Per effetto del decreto Berlinguer gli organismi erano decaduti, ma avevano continuato a funzionare in attesa dei nuovi organi collegiali. La prorogatio è continuata quindi per altri quattro anni.

In base al decreto, i nuovi organismi vengono fortemente ridotti nella composizione (come era già stato previsto dal decreto di Berlinguer), non prevedono elezioni dirette dei componenti (solamente designazioni o elezioni di secondo grado), riducono fortemente la presenza del personale scolastico per dare spazio ad altri soggetti esponenti di altre aree diverse da quelle della scuola.

In particolare cambia completamente composizione e funzione il Cnpi, il cosiddetto parlamentino sindacale composto attualmente quasi interamente da personale scolastico espresso da liste sindacali e di associazione. In buona parte lo aveva previsto anche il decreto di Berlinguer, ma allora i sindacati avevano protestato più sommessamente di quanto fanno ora, a cominciare dalla critica al metodo adottato dal ministro che non li ha preventivamente consultati, come avrebbero desiderato.