Tuttoscuola: Non solo statale

Senza frequenza continua degli studenti l’istituto privato perde la parità

Un istituto paritario di Milano, tecnico industriale ad indirizzo informatico, tra gli studenti del quinto anno, prossimi all’esame di Stato, ne aveva la metà (28) con una frequenza durante l’intero anno scolastico di tre o quattro giorni al massimo.
L’accertamento, effettuato a seguito di visita ispettiva disposta dall’Amministrazione scolastica nel maggio scorso, ha indotto il direttore generale dell’ufficio scolastico regionale della Lombardia a disporre la revoca della parità.
Ne è nato un lungo e complesso contenzioso che, alla fine, è stato portato davanti al TAR della Lombardia, sede di Milano, che si è pronunciato in via definitiva (sentenza 350/2007), dando torto all’istituto che ha perso, in tal modo, definitivamente la parità (con la conseguenza di non potere rilasciare titoli di studio ed avere al proprio interno commissioni per l’esame di maturità).
È interessante il principio riconosciuto dalla motivazione del Tar, secondo cui “possono essere definite “scuole” le istituzioni nelle quali la frequenza costante alle lezioni da parte degli alunni si caratterizza quale circostanza normale del processo educativo, dovendo l’attività didattica avere per forza di cose carattere “frontale”, non potendo assurgere al rango di “scuola” (ma dovendo essere semmai considerata una mera organizzatrice di attività di preparazione) un’istituzione nella quale gli alunni, o gran parte di essi, sono ordinariamente assenti dalle lezioni“.
Il Tar ha, dunque, affermato che una scuola che aspira alla parità (e quindi a concorrere a formare il sistema nazionale di istruzione) deve porre la continua partecipazione alle lezioni quale proprio carattere imprescindibile (come peraltro previsto dal DPR 249/1998 relativo allo statuto degli studenti della scuola secondaria).
Nel segno della lotta ai diplomifici.

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