Il volume “Il diritto di apprendere – nuove linee di investimento per un sistema integrato” presenta, in maniera accurata e dettagliata, l’annosa questione relativa alla disparità di trattamento tra scuola statale e scuola paritaria, rilevata all’interno del sistema pubblico italiano.
Il taglio è prettamente normativo e la riflessione si snoda principalmente su due dimensioni: la prima, prettamente storica e diacronica, affronta l’iter che ha portato alla costituzione della scuola italiana e le principali sfide che ha dovuto affrontare, per affermarsi come agenzia educativa di massa.
Queste riflessioni si sviluppano all’interno del primo capitolo e mettono in luce il ruolo della famiglia, intesa come soggetto attivo con il quale la scuola deve poter stipulare un patto educativo necessario per lo sviluppo di un percorso formativo globale. La secondo linea di intervento si sviluppa in una dimensione orizzontale e sincronica e affronta la tematica del diritto di istruzione in Europa e in Italia. E’ forse questo il focus principale del libro, che di fatto mostra le incongruenze del sistema scolastico pubblico italiano, che pur essendo formato dalla scuola statale e dalla scuola paritaria, non è in grado di fornire un’equa distribuzione delle risorse. Dati alla mano si evince come la scuola paritaria accolga il dieci per cento circa del numero globale degli studenti italiani, ricevendo di fatto circa l’un per cento delle risorse.
Questa disparità di trattamento, di fatto, nega il diritto di apprendere a tutte le famiglie che vorrebbero ricorrere all’istruzione del sistema paritario, ma che avendo difficoltà economiche, devono ricorrere al sistema della scuola statale. Un particolare riferimento viene fatto per le famiglie che hanno un figlio con disabilità, che a causa dell’attuale organizzazione economico – finanziaria, sono ulteriormente svantaggiata nella scelta della scuola. All’analisi della situazione attuale, segue una proposta economica, presentata nel quarto capitolo (“Un primo studio di simulazione in tema di determinazione del parametro di finanziamento ‘costo standard di sostenibilità’ da applicare alle scuole pubbliche italiane statali e paritarie”) , che costituisce forse l’aspetto più innovativo e originale del testo.
Gli autori, sulla base di analitici calcoli effettuati su un campione costituito da 16 scuole paritarie di diverso grado e 5 scuole statali, giungono a definire un’ipotesi di costo standard per alunno che, se applicata a tutto il sistema pubblico (statali+paritarie), consentirebbe di risparmiare – rispetto ai costi dell’anno 2009, preso come riferimento: 54 miliardi) – ben 17 miliardi all’anno, come si sostiene nella tabella riassuntiva inserita nelle conclusioni del volume.
La deputata e responsabile scuola e università di Forza Italia, Elena Centemero, si è così espressa a riguardo della proposta del costo standard: “Mentre si parla molto si spending review, si parla troppo poco di come migliorare la qualità del nostro sistema di istruzione e l’efficienza nell’utilizzo delle risorse disponibili. La nostra proposta, avanzata già da tempo, è l’applicazione al sistema educativo del costo standard per alunno, strumento imprescindibile per liberare risorse e per realizzare finalmente la libertà di scelta educativa delle famiglie”. Con l’applicazione del costo standard – prosegue – si potrebbero arrivare a risparmiare 17 miliardi di euro, migliorando il servizio offerto agli studenti.
Partendo dalla considerazione che in molti stati europei, sin dall’Ottocento, è stata garantito il diritto alla scelta del canale di formazione e istruzione, il testo di fatto non solo presenta un’approfondita panoramica della situazione attuale, ma affronta alcune tematiche molto attuali, come l’imprecisione relativa i termini relativi alla scuola “statale” e “pubblica”. Tale confusione, concettuale oltre che etimologica, spinge a considerare la scuola statale come unica forma di scuola pubblica, equiparando di fatto la scuola paritaria con quella privata. Per questo motivo gli autori sottolineano in più riprese la necessità di una diffusione culturale, che garantisca alle famiglie la piena libertà di compiere scelte educative considerate adeguate nei confronti dei loro figli.
La questione del diritto di apprendere viene quindi affrontata attraverso molteplici piani: alla dimensione storica, si affianca quella sociologica, relativa al ruolo della famiglia nella scelta del sistema d’istruzione; a quella normativa, si alterna il piano economico e gestionale, sottolineando quanto tale proposta porterebbe a un importante risparmio per lo Stato, se venisse accolta.
Il testo risulta quindi attuale e ben strutturato e si pone al centro di un dibattito sempre vivo, surriscaldato dalla scelta di non estendere il bonus di cinquecento euro, scelta che Tuttoscuola sta criticando attraverso una serie di contributi di politici di diversi schieramenti e orientamenti.
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