Se le riforme le fanno i tribunali

Il grido d’allarme lo hanno lanciato un po’ di tempo fa per primi i sindacati della scuola (la Cisl-scuola in particolare), ma ora sembra che anche diversi parlamentari se ne stiano preoccupando.

Ormai non passa giorno senza che ci sia notizia di qualche sentenza della giustizia (ordinaria, amministrativa, giurisdizionale) contro il nostro sistema di istruzione. Le code, i pettini, gli organici, le iscrizioni, gli stipendi dei precari.

La giustizia, anche per la scuola, è spesso in prima pagina. Colpa del ministero che perde qualche colpo nella predisposizione degli atti applicativi delle norme in materia di scuola? Forse.

Colpa di una intensità di contrasto politico che si traduce sempre di più in contenziosi giudiziari? Forse.

Vi è anche un atteggiamento più determinato della magistratura, a volte “protagonista”, per esercitare un ruolo forte nei confronti dell’Amministrazione pubblica? Non si può escludere.

Certo è che, soprattutto da parte dei Tribunali Amministrativi regionali e di quello del Lazio in particolare, l’azione verso l’Amministrazione pubblica e il ministero dell’istruzione è incisiva e costante e colpisce spesso nel segno, costringendo il Miur a ricorrere in appello al Consiglio di Stato. E il Miur ha prestato più di una volta il fianco, per esempio non acquisendo per motivi di tempo  il prescritto parere delle Commissioni parlamentari.

L’ultima sentenza, in ordine di tempo, riguarda l’annullamento dei decreti interministeriali degli ultimi due anni sugli organici del personale scolastico. E l’Ufficio legislativo del Miur sarà costretto a impugnare le sentenze davanti al Consiglio di Stato (con eventuale richiesta di sospensiva) che, a sua volta, dovrà fare ancora una volta da arbitro.

Intanto il Parlamento assiste, quasi impotente, alle battaglie giudiziarie che, di sentenza in sentenza, stanno modificando pezzi del sistema di istruzione…