Scuole aperte/2. Le proposte di Tuttoscuola

Le “Sei idee” lanciate da Tuttoscuola ormai quasi tre anni fa riguardavano, nell’ordine, l’ottimizzazione dell’utilizzo delle strutture scolastiche, l’abbattimento degli abbandoni scolastici, la carriera degli insegnanti, una interpretazione dell’autonomia delle scuole capace di rafforzarne la capacità di contribuire al conseguimento degli obiettivi strategici di sistema, la rimozione ‘chirurgica’ degli sprechi e delle diseconomie, e la digitalizzazione delle scuole.

Al primo posto stava un nuovo, diverso e più intensivo modo di utilizzare le strutture scolastiche, di ‘tenerle aperte’: ampliamento del calendario scolastico in senso orizzontale, cioè tenendo aperte le scuole quando normalmente sono chiuse, e verticale, cioè allungando gli orari di funzionamento degli istituti nei giorni di lezione. Per fare che cosa? Gli esempi fatti allora da Tuttoscuola convergono in parte con quelli indicati dal decreto Giannini, con qualche maggiore attenzione, forse, per la funzione di recupero e rimotivazione degli studenti in difficoltà: summer camp per gli alunni della scuola dell’infanzia, primaria e media, attività sportive, lezioni di informatica, di musica, di lingue straniere, laboratori artistico-creativi per bambini (organizzati anche da cooperative sociali gestite da studenti degli ultimi anni delle superiori o da giovani in attesa di altra occupazione), svolgimento dei compiti per le vacanze e corsi di recupero e di approfondimento.

Proposte che hanno presto occupato un posto al centro del dibattito, e rilanciate anche nella comunicazione sulla dispersione presentata da Tuttoscuola alla Camera nel giugno 2014, e accompagnate dalla seguente considerazione: “Esperienze internazionali dimostrano che il successo negli studi non è correlato alla quantità di ore di insegnamento frontale (l’Italia per questo aspetto è sopra la media), ma alla ricchezza delle occasioni di apprendimento, anche non formale e informale, che nel corso della giornata accompagnano le attività formative d’aula. Queste occasioni si moltiplicherebbero se gli studenti potessero liberamente incontrarsi, socializzare, collaborare e magari anche competere in uno spazio strutturato e finalizzato all’apprendimento, come è quello di una scuola, al di là dell’orario delle lezioni”.