Scuola precaria: ‘Prof, ci sarà anche l’anno prossimo’? La domanda diventa virale

Marta Olmi è un’insegnante di storia dell’arte in una scuola secondaria di primo grado. O almeno, lo è stata fino all’ultimo giorno di scuola. Il suo contratto è al termine e, come molti altri colleghi precari, non ha certezze per settembre. Ai suoi studenti ha deciso di scrivere una lettera, un saluto che è diventato anche una riflessione virale sulla scuola e sulla fragilità di chi, ogni anno, si ritrova sospeso tra un incarico e l’altro. “Cari ragazzi e care ragazze – scrive – mentre l’anno scolastico si chiude, sento il bisogno di lasciarvi qualche parola sincera. Non so se a settembre sarò ancora con voi, nei corridoi della scuola, nei nostri scambi del mattino o nei saluti all’uscita”. Parole semplici, che rivelano il peso dell’incertezza e la difficoltà di un mestiere che ha bisogno di continuità, ma troppo spesso ne è privo.

Il nodo del precariato

“Non è una questione solo mia – prosegue la docente –. È la condizione di migliaia di insegnanti che, pur mettendo passione e competenza nel proprio lavoro, ogni anno devono fare i conti con la precarietà. Una precarietà che non riguarda solo il singolo, ma che si ripercuote anche sugli studenti, perché ostacola la possibilità di costruire legami educativi duraturi, fiducia reciproca, senso di appartenenza”.

La domanda che molti alunni le hanno rivolto negli ultimi giorni – Ma lei ci sarà anche l’anno prossimo?” – rimane senza risposta. E diventa simbolo di un sistema che fatica a garantire stabilità, anche laddove sarebbe necessaria.

Scuola precaria: “Ci chiedono di educare, ma senza continuità”

Quella della professoressa Olmi non è l’unica voce a sollevarsi. Anche Don Manuel Belli, sacerdote e docente conosciuto sui social come “Scherzi da prete”, ha voluto condividere il proprio saluto agli studenti. Anche lui, insegnante precario, racconta un’esperienza simile: «Ogni anno la stessa domanda: “Ci sarà anche l’anno prossimo?” E ogni anno, la stessa risposta: “Non lo so, probabilmente no”».

Don Manuel evidenzia una contraddizione di fondo: “Ci chiedono di essere educatori, ma il valore educativo della continuità sembra non contare. L’ultimo concorso a cui ho partecipato è durato oltre un anno. Ora mi chiedo se riuscirò a reggere ancora questa situazione, sapendo che spesso, purtroppo, non porta a nulla”.

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