Tuttoscuola: Non solo statale

Scuola paritaria/3. Da salvaguardare libertà e competizione

Unica voce critica sul costo standard (per ragioni metodologiche) il direttore della Fondazione Agnelli Andrea Gavosto

Nel seminario svoltosi nella sala del Refettorio della Camera (Palazzo San Macuto) Elena Centemero (FI) e il sottosegretario Gabriele Toccafondi (Ncd) hanno provato a saggiare il terreno per eventuali convergenze (che peraltro dovrebbero necessariamente coinvolgere anche il Pd per avere speranze di successo) su ipotesi di finanziamento del sistema di istruzione che coinvolgano anche le scuole paritarie.

Toccafondi per la verità, forse condizionato dalle ristrettezze finanziarie entro le quali si deve muovere il Ministero, si è limitato a dare rassicurazioni sulla questione dell’Imu, ma non si è spinto oltre la riaffermazione di principio che Scuola statale e paritaria sono “equipollenti” e offrono “lo stesso servizio” a costi molto diversi: “il contributo statale alle paritarie corrisponde a 500 euro l’anno per iscritto, quello alle statali, secondo dati Ocse, a 6.800 euro”.

Elena Centemero non si è invece limitata a questa constatazione. Ha prospettato l’ipotesi – poi ripresa da don Francesco Macrì, presidente della Fidae, e dettagliata sul piano tecnico da suor Anna Monia Alfieri (Fidae Lombardia) e da Giulio Maria Salerno dell’università di Macerata – di definire e utilizzare il costo standard di un alunno della scuola pubblica (statale+paritaria) per poi assegnare i fondi pubblici “a tutte le scuole sulla base del numero di iscritti”.

Scettico sul costo standard, di difficile definizione, ma aperto all’idea che la scelta della scuola paritaria non debba penalizzare chi la compie, e che il pluralismo sia determinante per migliorare la qualità del sistema nel suo insieme, si è detto l’economista Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Giovanni Agnelli, a cui giudizio “la libertà di scelta va salvaguardata attraverso forme di deduzione per le spese per istruzione”.

Anche per Attilio Oliva, presidente dell’associazione Treellle, il rischio maggiore sarebbe che la scuola paritaria finisse per essere “statalizzata” per l’impossibilità di sopravvivere nelle attuali condizioni economiche. Questo sarebbe un danno per l’intero sistema perché ridurrebbe il pluralismo e la concorrenza tra le scuole. A suo avviso occorrerebbe rifarsi a modelli che garantiscono il pluralismo, come quello francese e quello olandese: Paesi laici che però finanziano tutte le scuole, comprese quelle religiose, per salvaguardare il confronto dal quale nasce l’innovazione.

Il dibattito, come si vede, verte non tanto sul se (a parte gli irriducibili statalisti, e non sono pochi) ma sul come finanziare le scuole paritarie, e più in generale le scuole autonome.

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