Scuola, orientamento, competenze e futuro: a Expotraining una ‘Maratona’ sulle politiche innovative

“Expotraining è una piazza, la piazza dell’Italia. Viva la scuola e le competenze”. Così il presidente di ExpoTraining, Carlo Barberis, ha aperto il dibattitoMaratona delle politiche innovative del MIM” che si è tenuto nella prima giornata di ExpoTraining, il 7 novembre scorso, a Fiera Milano City. Un momento per fare un punto sulla scuola, in particolare sull’istruzione tecnico professionale e per parlare di opportunità, sfide future e competenze. Lo abbiamo fatto insieme a Valentina Aprea, responsabile scuola di Forza Italia, Roberto Ricci, presidente Invalsi, Gianna Barbieri, della direzione generale edilizia scolastica e innovazione digitale del MIM, Antonello Giannelli, presidente Anp, Maria Francesca Cellai, DS e ricercatrice Indire, Roberto Sella, coordinatore Rete ITS Lombardia e Gianluca Lombardo, della Direzione generale per gli ordinamenti del MIM. A moderare il dibattito il direttore di Tuttoscuola, Giovanni Vinciguerra.

Ad ExpoTraining non si può non parlare di innovazione. Per questo Gianna Barbieri ha fatto un punto sul PNSD e parlato di risorse del PNRR e nuovi ambienti di apprendimento, arrivando quindi all’edilizia scolastica: “Bisogna partire dagli ambienti – ha spiegato -, sulla base di quelle che saranno le disponibilità economiche. E’ intenzione del ministro avere uno sguardo preferenziale sul tema dell’edilizia ordinaria. Con le Regioni stiamo lavorando a una programmazione di tre anni in tre anni studiando progetti che aiutino a realizzare ambienti innovativi”.

Il primo tema di cui si debba occupare è questo: che scuola vogliamo?” Da una domanda è partita la riflessione di Antonello Giannelli, presidente ANP. “Credo che si debba partire parlando del rapporto tra scuola e società. Credo che sia un rapporto che nei decenni si è un po’ perso. La società sta andando avanti, evolve in una certa direzione e la scuola deve interpretarla ed essere in grado di seguirla. Io troppo spesso constato che le riflessioni che facciamo sulla scuola sembrano appartenere al passato. C’è un po’ una difficoltà ad accettare i tempi che cambiano e a immaginare una scuola in linea con i tempi che cambiano. Gli studenti non imparano più come un tempo. Ma ha un senso far studiare loro le stesse cose che studiavamo noi? Si continua a pensare a comportarsi secondo le dinamiche di un tempo passato. Si deve guardare al futuro con occhi diversi”. E poi l’orientamento: “L’idea del ministro di una riforma dell’orientamento ci vede d’accordo. Pensiamo da sempre che servano figure di tutor e di orientatori. Serve tutto un contorno di funzioni che nella scuola italiana sono sempre mancate. Tra qualche anno potremo dire che se queste figure hanno funzionato o no”. 

A puntare i fari sulle competenze è Roberto Ricci: “Se vogliamo veramente appoggiare la scuola per il futuro dobbiamo fare un’operazione di coerenza, tenere i piedi ben piantati a terra, ma ritengo che ciò che fa della scuola una grande possibilità di successo è  l’elevare le competenze degli studenti.  In queste settimane sto studiando molto attentamente i quadri europei sulle competenze digitali Digcomp. Vedo una possibilità enorme per la scuola di fiorire ma anche un problema. La figura del docente che viene fuori dai quadri europei è meravigliosa. Abbiamo delle potenzialità enormi. Puntare a livelli di apprendimento alti”.

Maria Francesca Cellai rimette al centro lo studente: “La scuola – dichiara – vuole essere di tutti e di ciascuno e l’orientamento è fatto per non perderne nemmeno uno di ragazzo. Quanto la scuola possa fare ancora male si vede dai dai dati sulla dispersione fisica e mentale. Quanti genitori ci dicono ha perso la motivazione per andare a scuola. Per me un alunno disperso è già un alunno che non viene volentieri. Quando non vieni a scuola con passione e come andare a lavoro senza passione.  Un ragazzo che studia volentieri probabilmente è un ragazzo che lavora volentieri”.

Una delle sfide che attende la scuola la indica Valentina Aprea e ha molto a che fare con lancette dell’orologio che corrono troppo veloci: “Ora noi abbiamo consapevolezza del cambiamento però non sappiamo come fare e troviamo sempre alibi per rallentare o prendere tempo. Si era dato il  2026  come termine ultimo per cambiare l’Italia con i fondi del PNRR. Dietro questo cambiamento c’è tutto il capitolo che riguarda la formazione. Adesso abbiamo già cominciato a prenderci altro tempo. Sono terrorizzata e preoccupata per questo rinvio continuo. Teniamo fermo questo 2026!”.

Stiamo raccontando come gli ITS si stanno attrezzando con le imprese per far fronte a quei bisogni che rendono un paese competitivo – ha aggiunto Sella -. Il nostro obiettivo è chiarissimo: rispondere al mismatch tra domanda e offerta di lavoro. I risultati sono buoni anche se i numeri del sistema ITS sono ancora piccoli. Se il sistema deve dare una risposta davvero efficace i numeri devono essere altri. Negli its i ragazzi sono motivati, abbiamo feedback dalle aziende estremamente positivi. Ci viene chiesto di formare ragazzi che portino innovazioni alle imprese. Stiamo rivedendo il nostro sistema di orientamento e stiamo seguendo con interesse la riforma. Stiamo ragionando m9lto con le imprese. Stiamo studiando accuratamente il Digcomp. In regione Lombardia in particolare cerchiamo di offrire alle scuole percorsi di formazione ai docenti e una serie di PCTO per favorire anche l’orientamento. I ragazzi devono essere orientati verso queste nuove professioni. Abbiamo bisogno di attrarre sempre più giovani verso queste professioni e il tema dell’orientamento è importantissimo”.

A fare poi un punto sulla legge 99/2022 è Lombardo: “Il MIM in quest’anno è stato impegnato su due macrofronti, quello del Pnrr e quello dell’attuazione della legge 99 su cui abbiamo lavorato tanto. Alcuni decreti sono già in Gazzetta ufficiale, altri sono al esame degli organi di consulenza del MIM, del Cspi, della corte dei conti, ecc. Tutti i decreti sono stati scritti tranne l’ultimo sulla fase transitoria. Anche quella è una maratona tuttora in corso. Una legge così condivisa non poteva trovare un  momento di scrittura solitario in qualche stanza del ministero, quindi abbiamo seguito il criterio della condivisione. Tutto ciò ha dato maggiore struttura a questi decreti. Il target del 31 dicembre per la chiusura di questi decreti e alla portata del Paese”. 

 

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