Ripartiamo dalla scuola

Ripartiamo dalla scuola” è il pressante invito che l’editorialista del Corriere della Sera Francesco Giavazzi rivolge alla classe politica nell’articolo di fondo del 15 febbraio.

Ormai immersi nella bagarre preelettorale, i partiti non sembrano dedicare ai temi dell’educazione, almeno per ora,  l’attenzione rivolta a questa tematica in altre occasioni: nel 2001 lo slogan delle “tre i” (inglese, internet, impresa) fu uno dei principali cavalli di battaglia della campagna elettorale di Silvio Berlusconi, mentre nel 2006 la lotta contro la riforma Moratti fu uno dei temi dominanti del programma elettorale dell’Ulivo.

Eppure negli ultimi anni la consapevolezza del ritardo accumulato dall’Italia nel modernizzare e rendere più equo il proprio sistema educativo sembrava cresciuta. L’esito delle indagini comparative internazionali sui livelli di apprendimento, assai negativo per il nostro Paese, ha trovato recentemente una certa eco nei media, anche se non ha provocato quella specie di (salutare) psicodramma nazionale che si è scatenato, per esempio, in Germania (ma anche altrove) dopo la pubblicazione dei risultati delle prove OCSE-PISA somministrate  in una cinquantina di Paesi nel 2000, 2003, 2006.

Proprio all’esito dell’ultima tornata dell’indagine PISA, dedicata prioritariamente alle scienze, fa riferimento Giavazzi nel suo editoriale, che mette l’accento sulla “scarsa dimestichezza con il metodo scientifico” dimostrata dagli studenti italiani. Che fare? La ricetta che il professore milanese consiglia alla classe politica nel suo insieme, a prescindere  da chi vincerà le elezioni, non è quella di fare “un’ennesima riforma“, ma quella di “introdurre più concorrenza tra le scuole“, misurandone la qualità, rendendo noti tutti i dati, compresi quelli longitudinali sul destino scolastico-professionale degli allievi, e consentendo alle famiglie di scegliere.