Rinnovo contratto PA: l’aumento di 85 euro in stipendio è uguale per tutti?

Rinnovo contratto dipendenti pubblici, finalmente si è giunti a un accordo. Peccato che l’intesa si sia limitata a parlare di incrementi ‘non inferiori’ a 85 mensili medi. Quel ‘non inferiori a’ e ‘medi’ sembrano fare a pugni tra di loro, perché se 85 sono valori medi, dovrebbero esserci importi inferiori e importi superiori a quella cifra. La sede di contrattazione vera e propria, cioè quella del comparto scuola, dovrà risolvere il bisticcio, ma probabilmente, prima che si arrivi alla contrattazione vera e propria, dovrà esserci un passaggio ‘quadro’ per definire alcuni criteri di ripartizione delle risorse. Si tratta di un passaggio molto importante: non sarà indifferente il criterio che verrà adottato nella preliminare spartizione dei 5 miliardi che saranno messi a disposizione di tutti i rinnovi contrattuali.

85 euro in stipendio: il criterio penalizzante (per la scuola) – Un primo criterio di spartizione dei 5 miliardi per tutti i dipendenti potrebbe essere quello di prevedere quote di comparto e di settore in base al numero degli addetti. Adottarlo, però, sarebbe penalizzante per il comparto scuola e per l’area dei dirigenti scolastici, dove molto di più che in altri comparti pubblici sono presenti dipendenti con qualifiche professionali alte.

85 euro in stipendio: il criterio equo  (per la scuola) Un secondo criterio di spartizione di questi 5 miliardi potrebbe essere quello di tenere conto dell’attuale massa salariale (somma di tutti gli stipendi) di ciascun comparto. Questo criterio sarebbe indubbiamente più equo e meriterebbe un’integrazione compensativa soprattutto per l’area della dirigenza scolastica da troppo tempo in attesa di una più che giustificata perequazione nei confronti della restante dirigenza pubblica. Sperare che il comparto scuola si veda assegnata una quota media pari a 90-95 euro lordi al mese non sarebbe follia.

85 euro in stipendio davvero per tutti? – C’è un passaggio particolare nell’accordo quadro che parla di riduzione della forbice salariale in modo che gli aumenti anche “valorizzino prioritariamente i livelli retributivi che più hanno sofferto la crisi economica e il blocco della contrattazione”. Forse è sottintesa una forma di sterilizzazione degli effetti Irpef per gli stipendi più bassi che a suo tempo hanno fruito del bonus degli 80 euro in busta paga?