Tuttoscuola: Non solo statale

Referendum di Bologna, gli interventi della Curia e dell’Aninsei

Oltre all’intervento del cardinal Bagnasco, si registrano oggi altre due voci autorevoli, ancorché prevedibilmente schierate sul fronte antireferendario, circa il referendum del prossimo 26 maggio a Bologna contro i finanziamenti municipali alle materne private.

Queste le parole del vicario generale della diocesi di Bologna monsignor Giovanni Silvagni, che esprime così la sua preoccupazione circa l’imminente consultazione consultiva: “Distruggere è molto facile, in un attimo si può distruggere un lavoro paziente di cucitura, di tessitura di rapporti che ha impegnato intere generazioni. In un attimo tutto può essere distrutto. E quando, per fare questo, si fa leva anche su un disagio sociale, su un’indignazione generale che oggi si ha verso le istituzioni” è “una pagina triste della vicenda collettiva del nostro vissuto sociale”.

Per molte situazioni, ha proseguito, il tema “è questione di vita o di morte. Stare al mondo interessa a tutti, morire dispiace”. Silvagni, a margine di una conferenza stampa ha quindi ribadito il proprio pensiero sul tema: “Addolora essere trascinati controvoglia in una polemica che inevitabilmente assume i contorni di un uno scontro ideologico, di massimi sistemi, tra buoni e cattivi. Quando invece la realtà è molto più semplice, più modesta”. A rischio, per l’arcidiocesi c’è “uno spirito di collaborazione e di rispetto e riconoscimento reciproco tra valori differenti e una collaborazione organica tra diverse fasce della società costruita negli ultimi sessant’anni”.

Luigi Sepiacci, presidente Aninsei affida invece a un comunicato stampa la risposta al segretario generale della Fiom Cgil Maurizio Landini (cfr. Landini (Fiom) contro gli aiuti pubblici alle scuole private): “Quando parla di processo preoccupante di privatizzazione della scuola il segretario Fiom dovrebbe prima considerare che i genitori, i quali  per il diritto di scelta dei luoghi di educazione dei propri figli optano (nel sistema nazionale di istruzione) per la scuola paritaria anziché per quella statale, pagano due volte: cioè pagano sia per la scuola statale che per quella non statale”.

Se dai soldi dell’imposizione fiscale di questi cittadini togliamo gli scarsissimi contributi dati alla scuola non statale a guadagnarci è sempre lo stato e non il cittadino che, di fatto, nel caso di eliminazione dei già scarsi contributi, verrebbe ancora di più limitato nel suo diritto di scelta”.

Non si può poi ignorare che a fronte di una spesa di oltre 6.000 euro per alunno all’anno nella scuola statale – spiega Luigi Sepiacci – lo stato eroga, per ogni alunno di scuola non statale, un contributo che non raggiunge neppure i 600 euro ad alunno, all’anno!”.

Inoltre se le scuole paritarie chiudessero, come invocano alcuni statalisti monopolisti della scuola, lo stato non riuscirebbe a sopportarne l’onere economico. Senza voler poi considerare la perdita in tema di libertà di scelta”.

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