Rapporto Censis 2009/2. Anche la scuola è replicante?

La chiave interpretativa utilizzata dal 43° Rapporto Censis nell’analisi della realtà sociale italiana è quella della sua tendenza storica a sopravvivere cambiando il meno possibile, tendenza manifestatasi con particolare evidenza in quest’anno di crisi. Si può applicare questa chiave interpretativa anche al mondo della scuola?

De Rita non ne ha parlato nella sua presentazione del Rapporto 2009, che ai problemi dell’educazione ha peraltro dedicato complessivamente meno spazio che in altre occasioni. Tuttavia riteniamo che, a dispetto della intensa attività svolta dal ministro Gelmini sul piano dell’innovazione normativa, poco sia cambiato almeno fino ad oggi nella realtà concreta, cioè nella vita quotidiana delle 11.000 istituzioni scolastiche italiane.

Prendiamo il caso di una delle novità più annunciate e discusse da un anno a questa parte: quella del “maestro unico”. Se una cosa si può dire, è che la paventata apocalisse non c’è stata. Nella maggior parte dei casi, grazie all’autonomia delle scuole, alla disponibilità (da relazionare anche alle competenze) dei maestri interessati, e al buon senso, il maestro è rimasto plurimo, anche se la razionalizzazione c’è stata.

Un’altra novità doveva riguardare l’introduzione della nuova disciplina “Cittadinanza e Costituzione”, con orario e voto separato. Si è preferito restare sul terreno sperimentale, e non si sa se e quando e come la disciplina, che ha suscitato speranze ma anche contrasti e dubbi sul piano sia politico che culturale, potrà essere davvero introdotta nelle scuole.

La scuola secondaria di primo grado è rimasta sostanzialmente invariata. La novità più importante è forse quella delle prove oggettive inserite nell’esame di licenza: il ritorno dei voti sembra infatti essere stato tranquillamente metabolizzato.

Anche il ripristino degli istituti tecnici nella loro autonomia e il rientro di quelli professionali nell’area del sistema scolastico, decisi dal governo Prodi-Fioroni e ribaditi da Berlusconi-Gelmini, sembra dar ragione alla tesi del 43° Rapporto Censis: la tendenza a “replicare”, sia pure giustificata con argomenti diversi e a volte opposti, sembra caratterizzare anche la scuola italiana. Ma, come per l’intera società, non è con le semplici tecniche di sopravvivenza e con la capacità di adattamento (e mimetizzazione) che si può sperare in un reale progresso del modello italiano, scuola compresa. Servono idee nuove, e forse più sul “come” che sul “che cosa” fare. E serve un nuovo approccio, basato su un terreno costruttivo e non di scontro ideologico.