Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Quando comincia la crisi di formazione linguistica dei nostri ragazzi?

Il rapporto Invalsi sulla prova di italiano alla maturità dello scorso anno ha messo in luce una situazione quasi drammatica nella padronanza della lingua da parte dei nostri ragazzi.

Dopo 13 anni di percorso scolastico – osserva l’Invalsi – il livello di competenza linguistica degli studenti che, con il conseguimento del diploma, escono dalla scuola per entrare nel mondo del lavoro o proseguire gli studi all’università è complessivamente al di sotto della sufficienza.

Nelle fondamentali competenze linguistiche (testuale, grammaticale, lessicale-semantica e ideativa), in cui si struttura la padronanza della lingua italiana, si è registrato mediamente un voto inferiore alla sufficienza, tra il 54% e il 63% a seconda della competenza presa in esame.

Nel commentare quel quadro desolante e preoccupante (una conferma dei tanti segnali che si registrano da tempo), osservavamo che tutta la scuola – non solo la secondaria superiore – farà bene a riflettere sul quel rapporto e sul segnale che esso lancia sui livelli di preparazione raggiunti dai nostri ragazzi dopo un percorso scolastico della durata di 13 anni.

Anche le competenze linguistiche dei quindicenni italiani, rilevate dall’Ocse, sono dello stesso segno negativo (il 26,4% è appena al 1° livello di competenza linguistica, il più basso della scala di misurazione e tende ad aumentare).

Durante quel percorso lungo tredici anni, dove comincia la crisi della formazione linguistica dei nostri ragazzi? Per quanto riguarda le basilari competenze linguistiche testuale e ideativa, la scuola secondaria superiore non può certamente tirarsi fuori, ma la stessa scuola secondaria di I grado che consegna quei 15enni in profonda crisi linguistica non può ritenersi assolta da qualsiasi colpa.

Le competenze di base grammaticale e lessicale affondano le loro radici nella scuola primaria che a sua volta, quindi, non può non fare un esame di coscienza.

Insomma, se si vuole che il grido d’allarme dell’Invalsi non cada nel vuoto, c’è bisogno di una riflessione di tutti e, se è possibile, un cambio radicale di linea.

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