Prodi: ricostruire l’istruzione tecnica

Dobbiamo investire in conoscenza diffusa, in qualità ed efficacia dei percorsi formativi, cominciando dalle scuole per l’infanzia fino ai livelli più alti, restituendo valore e dignità ai percorsi formativi tecnici, e creando centri di eccellenza“.
Romano Prodi è tornato ancora una volta, nelle sue dichiarazioni programmatiche al Senato, sull’importanza strategica della formazione tecnico-professionale per il destino del nostro Paese, anche nel quadro della competizione e della divisione internazionale del lavoro, rifiutando la prospettiva di una sua deindustrializzazione: una sua vecchia convinzione, che lo portò vent’anni fa, in un articolo sul “Mulino“, a sostenere la necessità di creare un percorso di formazione tecnica superiore da affiancare a quello universitario.
Ora Prodi rilancia questa impostazione: “sbagliata appare la liquidazione della formazione tecnico-professionale. Abbiamo invece bisogno di valorizzarla ed estenderla attraverso percorsi universitari brevi, attraverso istituzioni che diventino le scuole tecniche del XXI secolo“. E ancora “dopo dieci anni di riforme e controriforme, è giunto il momento di mettere ordine, fare il punto, cambiare ciò che palesemente non funziona o ciò che appare sbagliato, e dare stabilità“. Da notare che Prodi ha parlato di “dieci anni“, non di cinque. In discussione, evidentemente, non è solo il secondo ciclo “binario” della Moratti ma anche il modello unitario panlicealista del suo predecessore Berlinguer: entrambi responsabili, in modi diversi, di aver privilegiato l’istruzione liceale rispetto a quella tecnico-professionale.
Infine, Prodi ha indicato anche il metodo da seguire, affermando che “siamo consapevoli che la scuola è una macchina complessa che ha bisogno di un progetto condiviso e di lungo periodo per dispiegare l’efficacia della sua azione educativa.”