
Piccolo è bello (e anche buono) per le scuole cattoliche

È appena uscito il Quarto Monitoraggio della qualità della scuola cattolica in Italia e vogliamo provare a sviluppare qualche considerazione a partire dalla grande quantità di dati che mostrano la buona qualità e i risultati positivi di queste scuole. Il rapporto completo è liberamente scaricabile dal sito www.scuolacattolica.it.
Il monitoraggio è stato pubblicato dal Centro Studi per la Scuola Cattolica (CSSC) sulla base di dati ricavati da indagini autonome, da pubblicazioni del Ministero e da materiale delll’Invalsi. Oggetto dell’analisi è l’a.s. 2021-22, ma il quadro è indicativo di una condizione che sembra abbastanza stabile nel tempo, se escludiamo il lento (e inesorabile?) declino numerico delle scuole cattoliche e paritarie in genere.
Nel 2021-22 le scuole cattoliche erano in tutto 7.829, con un totale di 542.080 alunni. Da altre pubblicazioni del CSSC possiamo sapere che nel 2023-24 le scuole sono scese a 7.528 e gli alunni a 515.135, con una leggera ripresa negli ultimi anni solo nel numero di studenti secondari, ma il calo parte da lontano, esattamente dal 2010-11, quando le scuole erano 9.371 e gli alunni 740.636. Ognuno può farsi due conti per capire quanto sia grave la crisi in cui si dibattono le scuole cattoliche, ma non è su questo aspetto che vogliamo soffermarci.
Se dividiamo il numero degli alunni per quello delle scuole, vediamo facilmente che ogni scuola cattolica ha in media meno di 70 alunni (ragioniamo sull’anno 2021-22 ma il discorso non è molto diverso per gli altri anni). Il dato è fortemente condizionato dalle scuole dell’infanzia, che da sole costituiscono quasi tre quarti di tutte le scuole cattoliche e che per natura hanno dimensioni ovunque ridotte, ma se andiamo a esaminare i singoli ordini e gradi di scuola vediamo che al massimo si arriva a meno di 127 alunni nelle scuole primarie e che le scuole secondarie di II grado arrivano in media a 91 studenti, con classi decisamente minuscole. Il confronto con le scuole statali, mediamente affollate da un migliaio di alunni, è del tutto improponibile.
Questi dati elementari si prestano a due letture differenti. Da un lato le ridotte dimensioni sono un innegabile vantaggio per la cura educativa che è possibile dedicare a ogni singolo allievo, e non è un caso che nel monitoraggio le scuole primarie e le secondarie di II grado mettano in cima alle proprie scelte metodologiche la didattica personalizzata, agevolmente praticabile con questi numeri. Dall’altro lato, però, le piccole dimensioni vogliono dire minori entrate per le scuole, che si vedono spesso costrette ad aumentare le rette in una perversa spirale che rischia di essere quanto mai controproducente: se aumentano le rette, diminuiscono gli iscritti e allora si dovrebbero ulteriormente aumentare le rette, non potendo pensare di scommettere su una riduzione delle rette, che potrebbe incoraggiare nuove iscrizioni solo se le quote diventassero veramente irrisorie.
Allora: piccolo è bello? conviene mantenere le piccole dimensioni per assicurare la qualità del servizio o è meglio puntare alla crescita numerica del sistema? Il monitoraggio – dedicato appunto alla “qualità” – ci dice che i risultati premiano le scuole cattoliche sotto molti punti di vista. E del resto, il fatto stesso che le famiglie continuino a iscrivervi i propri figli, nonostante i costi non proprio convenienti, è la prima prova di una qualità reputazionale intuita dal pubblico a prescindere dalle prove offerte da qualsiasi monitoraggio.
Tra i risultati positivi figurano anzitutto quelli relativi alle prove Invalsi, che con la loro standardizzazione consentono un confronto oggettivo fra realtà diverse. In quasi tutte le prove le scuole cattoliche ottengono risultati migliori rispetto alle altre scuole del sistema nazionale di istruzione: in alcuni casi si arriva a una differenza di una ventina di punti, che nella scala di valutazione dell’Invalsi significa un divario quasi incolmabile; in pochi casi, nelle scuole del secondo ciclo, abbiamo risultati inversi ma pur sempre comparabili. Nell’insieme l’andamento è comunque netto.
Certo, il monitoraggio dimostra – sulla scorta degli indicatori usati dall’Invalsi – che l’estrazione sociale degli alunni di scuola cattolica è estremamente elevata: un dato del tutto prevedibile, vista la selezione prodotta a monte dai costi. Ma i risultati di apprendimento non possono dipendere solo dall’appartenenza socio-culturale, altrimenti la scuola perderebbe la sua funzione limitandosi a convalidare l’appartenenza sociale degli alunni.
Le piccole dimensioni consentono soprattutto alle scuole cattoliche di mantenere quella dimensione comunitaria che è l’intento dichiarato della loro progettualità educativa. E quando si parla di comunità si intende un coinvolgimento reale di tutte le componenti scolastiche nella vita della scuola, a cominciare dai genitori, che per esempio vanno a votare per gli organi collegiali in misura più che doppia rispetto alle scuole statali (in cui probabilmente ci si sente trattati come “numeri” anche per le dimensioni delle scuole). Non solo: anche nei colloqui con gli insegnanti (che dovrebbero essere una naturale e desiderata fonte di informazione), i genitori delle scuole cattoliche partecipano assai più dei genitori delle altre scuole.
Sempre alle piccole dimensioni delle scuole cattoliche possiamo inoltre correlare un altro indicatore interessante che emerge dal monitoraggio. Nel ricorrere ai provvedimenti disciplinari le scuole cattoliche possono contare su un ambiente educativo che non solo riduce (di poco) l’esistenza delle sanzioni ma riduce anche (di molto) gli interventi straordinari dall’esterno (servizi sociali e pubbliche autorità) e dall’interno (corsi sulla legalità e consulenza psicologica).
Insomma, la vita delle scuole cattoliche è sicuramente faticosa sul piano economico ma è ripagata dalla soddisfazione di realizzare un’istruzione e un’educazione di qualità. Lasciamo alla curiosità dei lettori il compito di andare a cercare nelle pagine del monitoraggio ulteriori indicatori significativi.
*Coordinatore scientifico del Centro Studi per la Scuola Cattolica
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