Piazze scolastiche e Covid 19: se il problema non è il sovraffollamento, ma la qualità

Di Federica Bianchi*

A un paio di mesi dal suono della campanella, il ritorno sui banchi ha portato alla luce la questione degli assembramenti davanti alle scuole. Si tratta, in realtà, di un problema di gran lunga precedente all’era Covid, ma che a causa del virus è ora sotto gli occhi di tutti: le nostre piazze scolastiche non sono adatte a ospitare i nostri ragazzi.

Ogni giorno quel piccolo sagrato laico appena fuori dal cancello della scuola viene inevitabilmente preso d’assalto da decine di ragazzi che qui si incontrano, parlano, giocano e scherzano. È sempre stato così e sempre speriamo rimanga così. Quelle piazze dovrebbero essere inviolabili e sovrastate di cura ossessiva da parte dei comuni. Ma non è evidentemente questa la norma.

Nel tempo si sono rimpicciolite e sono state occupate da cose che non c’entrano con la sacralità della scuola. Anche i percorsi che convergono in quelle piazze sono stati offesi da un’idea di città sempre meno pubblica. Gli studenti sono forzati a percorrere marciapiedi stretti lungo strade congestionate dal traffico dell’ora di punta, magari dovendo pure fare attenzione a non inciampare nella pavimentazione dissestata o facendo lo slalom tra lampioni e cestini dei rifiuti. Tutto ciò, nel tempo del Covid, con la aggravante di non avvicinarsi troppo ai compagni e ai loro genitori, in nome del “distanziamento sociale”.

E allora il problema non è tanto il sovraffollamento di questi spazi, quanto la loro qualità, il loro uso, la loro cura, la considerazione che gli attori pubblici hanno per quei brani di città. Pandemia a parte, ci stiamo sempre più rendendo conto di come gli spazi davanti alle scuole non siano all’altezza del grande compito di accompagnare i ragazzi a muovere i primi passi verso la città, verso l’età adulta. Anzi, sono da bocciatura.

Basti pensare che solo nella città metropolitana di Milano [1] su oltre 400 scuole del primo ciclo, quelle che affacciano su spazi insicuri e dequalificati, progettati in funzione delle auto anziché dei ragazzi, sono oltre l’80% e un’analisi analoga è in corso di svolgimento anche per la città metropolitana di Torino.

In queste ultime settimane si stanno moltiplicando le azioni messe in campo da scuole, comuni, genitori e associazioni per cercare di arginare il problema, allontanando o riducendo le auto davanti ai cancelli delle scuole. Chiusure temporanee delle strade, rimozione dei parcheggi, pedibus, segnaletica a terra: iniziative certamente virtuose, tuttavia isolate e scomposte, che sbiadiscono di fronte alla portata di una questione che necessiterebbe di essere affrontata in maniera strutturale, definitiva e sinergica e a livello nazionale.

Un piccolo passo avanti è stato fatto con il d.l. 16 luglio 2020 n.76, grazie al quale Codice della Strada si arricchisce della nuova definizione di zona scolastica quale «zona urbana in prossimità della quale si trovano edifici adibiti ad uso scolastico, in cui è garantita una particolare protezione dei pedoni e dell’ambiente». Riteniamo però che si debba fare molto di più, partendo dall’aspetto culturale della questione per poi arrivare a sollecitare le istituzioni ad avviare politiche dedicate al progetto e alla cura delle piazze scolastiche. Luoghi dedicati ai cittadini di domani [2].

Nel Nord Europa questo sta già accadendo da qualche anno: se anche qui, anziché agire in situazione di emergenza, si fosse agito per tempo e con la stessa lungimiranza, forse oggi i nostri ragazzi non si troverebbero a subire “assembramenti forzati” lungo gli stretti marciapiedi davanti alle loro scuole. Covid sta generando opposte reazioni. Da un lato, la paura non governata del contagio e l’inadeguatezza dei trasporti pubblici e dei marciapiedi sta moltiplicando gli accompagnamenti dei bambini in auto, riversandosi fin davanti agli ingressi che si trasformano in spazi congestionati, inquinati e diseducativi. Dall’altro, ci sta permettendo di rimediare, ripensando alla scuola come punto di riferimento all’interno della città e restituendone lo spazio a bambini e ragazzi: è nostro dovere non perdere anche questa occasione.

*Federica Bianchi, architetto, collabora alle attività del gruppo di ricerca multidisciplinare VENTO presso il DAStU – Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano.

[1] Ricerca HABITAT@SCUOLA, Politecnico di Milano – https://www.habitatscuola.polimi.it/
[2] A scuola si entra bambini e si esce cittadini, sosteneva Piero Calamandrei (Calamandrei P., 1950/2008, Per la scuola, Sellerio)