Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Più storia dell’arte? Sì, ma attraverso unità interdisciplinari

L'approccio interdisciplinare appare in generale, non solo per l'arte, indispensabile per evitare l'enciclopedismo dei piani di studio e il sovraccarico di impegno per lo studente

Il sottosegretario all’istruzione Angela D’Onghia durante l’audizione davanti alla commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, presieduta da Michela Vittoria Brambilla (Forza Italia), ha detto che l’intento del governo, attraverso la riforma della scuola, è quello di rafforzare le competenze degli studenti “nei settori della pratica del fare artistico e della conoscenza del patrimonio, materiale e immateriale” del Paese.

Fin qui nulla di nuovo, nemmeno la convergenza bipartisan sul tema. Per Brambilla, ex ministro del Turismo nel governo Berlusconi IV, si tratta di “un dovere per un paese che vanta un patrimonio di eccellenze artistiche e monumentali ineguagliabile e troppo spesso non riesce a valorizzarlo”.

La novità sta invece nell’accenno fatto da D’Onghia a come realizzare tale obiettivo, che dovrebbe coinvolgere tutti gli studenti, e non solo quelli dei licei, che in qualche caso già “hanno adottato l’educazione al patrimonio artistico come chiave di lettura dell’intero curricolo”.

Che fare negli indirizzi di studio dove la Storia dell’arte non è prevista o è marginale? Il  sottosegretario ha lanciato l’ipotesi di “unità didattiche interdisciplinari che trattino i quadri, gli edifici, i brani musicali, i manufatti vari, come occasioni di fruizione e testimoni di una rinnovata capacità di pensare a una società in cui il ‘bello’ e la possibilità di comprenderlo e interpretarlo divengano centrali nella vita del Paese”.

L’idea delle unità interdisciplinari ci sembra interessante, e potrebbe essere estesa ad altre tematiche trasversali come l’educazione ambientale e ad altre ancora, dalla musica alle scienze sociali. Il tutto senza appesantire i piani di studio con altre “ore”, come rischia di fare il ddl in discussione alla Camera se non si viene in chiaro sulla questione.

L’apprendimento, in tempi di internet, passa sempre meno per le tradizionali “ore” di lezione in classe e sempre di più per il coinvolgimento dei giovani, dentro e fuori della scuola, in esperienze multimediali e interdisciplinari significative, formative, capaci di coinvolgerli anche dal punto di vista emotivo. Ma questo implica un profondo ripensamento dei tempi e dei modi dell’apprendimento, oltre che dell’insegnamento e del ruolo dell’insegnante anche per quanto riguarda la valutazione. 

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