Permessi retribuiti, un passo indietro nel contratto?

La disciplina dei permessi retribuiti per motivi personali potrebbe  fare un passo indietro. E rispuntano le domande da documentare “debitamente”. Lo prevede l’articolo 16 della bozza del nuovo contratto, che sta impegnando sindacati e amministrazione, ormai da diversi mesi.

Uno dei nodi della vertenza contrattuale è linfatti la mancata individuazione dei permessi per motivi personali come “diritto”, divenuti invece una concessione discrezionale dell’amministrazione. E in effetti, dalla lettura della nuova clausola, tale declassamento appare chiaro. Nonostante la privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, che ha incardinato la disciplina in un sistema di diritti e doveri, l’amministrazione sembrerebbe orientata, infatti, a mantenere il proprio potere di concedere o meno i permessi per motivi personali e a restringerne l’ambito di fruizione ai soli eventi debitamente documentabili.

Facendo un passo indietro, dunque, rispetto al passato, quando invece la documentazione poteva essere presentata in modo meno rigido. In più, verrebbe confermata la necessità di chiedere il permesso con una domanda, attribuendo all’amministrazione anche il potere di attribuire o meno il permesso richiesto.

Il testo della clausola (comma 2) sembrerebbe, inoltre, contravvenire alle disposizioni della Presidenza del Consiglio dei Ministeri che, con una circolare ha sconsigliato l’utilizzo, nei testi normativi, del verbo “potere”, che fino ad oggi ha ingenerato equivoci e contenzioso.