Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Coding, come restituire la dimensione ludica e creativa alla scuola

Di Rosanna Consolo1, 2 , Fabrizio Corradi1,2

Erano gli anni ’90 del secolo scorso quando Nicholas Negroponte siglava la sua nuova “provocazione editoriale” con il titolo “Essere Digitali”, incorniciando così una profezia per il futuro nella prefigurazione di persone la cui identità diventava sempre più innervata di “digitalità”.

A distanza di un paio di decenni, potremmo dire che la profezia si è autoavverata e se non abbiamo ancora perso la dimensione della “tattilità” sensoriale – piuttosto invece arricchitasi di un tatto digitale – è di certo vero che le nostre individualità si sono rivestite di un modo di essere digitale che costituisce ormai la sintassi della quotidianità dell’uomo moderno.

Ma questa rivoluzione non riguarda solo donne e uomini adulti, la sua potenza modificatrice degli assetti sociali è arrivata ai giovani e agli adolescenti fino a inondare anche l’età dell’infanzia di un modo di stare con gli altri e di imparare fatto anche di competenze appunto digitali.

E si sta avverando ciò che era scritto in realtà su questa medaglia a due facce che è la capacità stessa di usare le tecnologie informatiche e di comunicazione: un ambito che ci restituisce esperienze di un “fare digitale” che in definitiva ci porta anche verso una sensorialità rinnovata per il fatto di essersi ampliata e diversificata.

Anche il modo di ragionare, connaturato all’essere per certi versi digitali, si è rinnovato, diversificato e ampliato poiché si affaccia verso quella grammatica binaria che uscita dai laboratori informatici, dagli ambiti più strettamente tecnici della programmazione è sfociata in un “pensiero computazionale” che porta come matrice innovativa nelle dinamiche di apprendimento il fatto sì di imparare facendo ma facendo, è forse questa la sua potenza innovatrice, cose impalpabili eppure reali, non ricadenti sotto la tattilità eppure agenti nello spazio e, in definitiva, anche nello spazio fisico se ciò che con le procedure del pensiero computazionale possiamo realizzare in un ambiente virtuale le colleghiamo poi a periferiche hardware che mettono in evidenza il pensiero fatto spazio, azione, creatività.

Ecco, forse fa questo il coding alla scuola italiana: le restituisce una dimensione ludica, creativa e ad alto tasso di invenzione e ingegno tramite un pensiero computazionale uscito appunto dai laboratori e approdato fra le mani e le menti degli alunni dai 6 anni in su restituendo loro un po’ il sapore del “genio inventore” che fa muovere oggetti, animazioni, personaggi e robot impostando i comandi su una piattaforma che, proprio tramite il gioco, accompagna a programmare le loro azioni realizzando al tempo stesso il passaggio dal virtuale al reale e viceversa in cui tanto si gioca la nostra identità di essere, oggi ancora, digitali.

La scuola italiana ha risposto con numeri importanti all’invito del MIUR che già dallo scorso anno scolastico ha lanciato il coding come materia trasversale, come disciplina dell’ingegno che porta insegnanti e studenti a cimentarsi insieme su un nuovo ambito di alfabetizzazione che li vede, in realtà, un po’ tutti allievi.

Nel momento in cui il coding viene proposto come dinamica di partecipazione e costruzione di nuovi oggetti di conoscenza agita anche agli studenti con Bisogni Educativi Speciali, ciò che può scaturire va dal rinforzo della partecipazione al desiderio di collaborazione, dalla possibilità di avere un nuovo canale per agire negli spazi didattici ad una pura possibilità di gioco.

Ancora sulle questioni di accessibilità del coding occorrerebbe riflettere, anche andando a verificare quanto le piattaforme più comuni con le quali gli studenti programmano siano interoperabili con le tecnologie assistive.

Ma è uno spazio di azione nuovo per l’apprendimento che coinvolge e mette insieme e che può restituire a tutti gli alunni – questo sì in modo partecipato e dunque realmente inclusivo – un’altra possibilità di pensare insieme, di elaborare un progetto creativo, un’animazione di un personaggio digitale, il movimento di un piccolo robot o di un oggetto informatico vedendolo in azione sotto i loro occhi reali di piccoli-grandi programmatori che crescono.

Il pensiero computazione può educare la logica, il pensiero progettuale, affinare la ricerca del problem solving, aumentare le possibilità di rendere plurale la conoscenza e i processi che la generano. E questo è di per sé un processo di grande e ampia, inclusione fra digitale e fattualmente reale.

1 Istituto Leonarda Vaccari – Roma
2 LUMSA – Roma

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