
Ocse, i titoli di studio in Italia servono meno che altrove
Molto preoccupanti per l’Italia molti degli indici di relazione tra istruzione e lavoro, secondo il rapporto “Uno sguardo sull’Istruzione 2014”, presentato oggi. Nel nostro Paese, si fa fatica a trovare lavoro e la motivazione dei giovani nei confronti dell’istruzione diminuisce: in due anni tra il 2010 e il 2012 la quota dei 15-19enni non iscritti nel sistema di istruzione è aumentata.
Nel 2010 il tasso di iscrizione era dell’83,3%, poi è sceso fino all’80,8%, contro la media Ocse dell’83,5%. Nel 2012 solo l’86% dei 17enni era ancora a scuola e si stima che solo il 47% dei 18enni si iscriverà all’Università (51% del 2008; 58% media Ocse e del G20). È quanto rileva il rapporto Ocse.
Sono aumentati in Italia anche i tassi di disoccupazione dei giovani, soprattutto tra coloro che non hanno finito la scuola superiore (19% nel 2012, contro il 14,8% del 2011). Ed è cresciuta tra il 2008 e il 2012 anche la percentuale di Neet: dal 19,2% al 24,6% dei 15-29enni. Più marcato l’aumento tra gli uomini (+7,1%) e tra i 20-24enni (+9,5%; nel 2012 quasi uno su tre non lavorava né studiava).
In generale però tra il 2000 e il 2012 l’Italia ha registrato aumenti significativi del livello d’istruzione, soprattutto per quanto riguarda le donne. Ma sono valori che in generale rimangono inferiori alla media Ocse. La percentuale dei 25-34/enni che non ha terminato la scuola superiore è passata dal 41% del 2000 al 28% del 2012 (17,4% Ocse). È aumentato inoltre il numero dei laureati dall’11% al 22% (ma l’Italia è comunque 34/ma su 37 paesi) e nel 2012 il 62% dei nuovi laureati è donna (erano il 56% nel 2000).
In generale, nel nostro paese, le differenze di genere nelle diverse aree disciplinari universitarie sono meno marcate: ad esempio il 40% delle nuove lauree in ingegneria è stato conseguito da donne, contro il 28% della media Ocse.
Infine, in Italia, benché la laurea continui ad offrire migliori prospettive di lavoro e retribuzione in Italia, il suo appeal presso le giovani generazioni è andato offuscandosi in questi anni di crisi e i ‘benefit’ di una qualifica universitaria sono inferiori a quelli di altri Paesi industrializzati.
Nella Penisola, un laureato tra i 25 e i 64 anni sulla base di un indice pari a 100 arriva a 148 come vantaggio retributivo (160 per gli uomini e 143 per le donne).
Nella stessa fascia d’età l’assenza di un diploma di scuola secondaria superiore vede l’indicatore scendere a 77. Per il vantaggio offerto in termini di retribuzione dalla laurea, tuttavia, l’Italia è solo 22esima su 33 Paesi. I laureati hanno però retto meglio l’impatto della crisi sul mercato del lavoro. Il loro tasso di disoccupazione nel 2011 era del 5,2% nel 2011 (dal 4,3% del 2008), ma tra i diplomati era salito al 6% dal 4,6% e tra i senza diploma al 9,4% dal 7,4%.
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