Occupazioni/4: le (non) ragioni dell’occupazione

Tre settimane di occupazione non sono certamente poche; tre settimane di non lezione per la scuola occupata da una minoranza di studenti pesano sui livelli di apprendimento di tutti gli studenti (occupanti e non) della scuola sequestrata.

Il caso del liceo Virgilio di Roma è emblematico di una situazione, pseudo regolamentata, che si replica da quasi un quarto di secolo di generazione in generazione senza venirne a capo.

L’occupazione degli istituti tra novembre e dicembre è diventato un fatto scontato, un male di stagione come la prima influenza, al punto che un’occupazione non fa più notizia se non quando le situazioni degenerano e passano il limite.

A parte il fatto che ogni anno, con governo di destra o di sinistra e con motivazioni sempre nuove (quest’anno la ragione dell’occupazione è la Buona Scuola), il motivo dell’occupazione sembra un pretesto per mantenere la tradizione della scuola occupata, vi sono due questioni che meritano di essere chiarite.

Prima di tutto quella dei genitori. Poiché quasi sempre gli studenti che occupano sono minorenni, c’è da chiedersi quale ruolo esercitano i genitori sui figli: condividono? Subiscono? Lasciano fare? Rinunciano al loro ruolo educativo?

Anche molti genitori di oggi al tempo del liceo hanno occupato: forse per questo un’occupazione non si nega mai e non ha mai fatto male a nessuno, come il primo spinello?

Un’altra questione è quella degli organi collegiali. In quasi tutti gli istituti a fine novembre si sono svolte le elezioni per eleggere i rappresentanti degli studenti dentro il consiglio d’istituto nei consigli di classe.

A che serve questo rito democratico se le scelte che hanno ricadute generali le decidono altri, spesso minoranza degli studenti?