Obbligo a 16 anni/3. Che cosa cambia

La novità contenuta nel decreto legge n. 112 consisterebbe dunque nella stabilizzazione dei percorsi sperimentali, che restano tali fino alla piena attuazione del Decreto 226/2005, che riattiva il “sistema di istruzione e formazione”. Non risulta tuttavia che la disciplina di cui alla Finanziaria 2007 (art. 1, commi 622 e 624) sia stata abrogata.

L’attuale governo avrebbe perciò la possibilità di operare a partire dal quadro di riferimento ereditato dal governo Prodi, ivi compreso il Regolamento sul nuovo obbligo di istruzione (del 22 agosto 2007), che riguarda le competenze e i saperi che tutti i giovani di 16 anni devono possedere, compresi quelli che frequentano i percorsi triennali.

Se il ministro Gelmini si attenesse a tale Regolamento e desse attuazione ai citati commi 622 e 624 (salvo quanto previsto per i “percorsi e progetti”, di fatto abrogati dall’emendamento del governo) non farebbe che tradurre in pratica il modello di obbligo contenuto nella Finanziaria 2007.

Oltretutto il ripristino dell’istruzione professionale in capo al sistema di istruzione, deciso dal governo Prodi, ha tolto all’attuale governo e ministro un’altra castagna dal fuoco: quella del complicato contenzioso politico-istituzionale-sindacale che sarebbe scaturito dal passaggio degli istituti professionali di Stato alle Regioni. E’ positivo che tale passaggio, previsto – anche se in modo confuso – dalla riforma Moratti non sia stato riproposto dall’attuale governo.

Sarebbe preoccupante, invece, che per contingenti ragioni di polemica politica si rimettesse in discussione un difficile punto d’equilibrio, che è a portata di mano, su una materia incandescente come quella dell’obbligo di istruzione. Il ministro Gelmini si guardi dai falchi di entrambi gli schieramenti.