Nuova valutazione alla primaria: cosa cambia? Tutto e niente

È stata firmata la nuova ordinanza sulla valutazione periodica e finale nella scuola primaria. Nella sostanza, al di là di alcuni cambiamenti, ci sono due fondamentali elementi di continuità: in primo luogo, scuole e docenti che valutavano male prima potranno continuare a farlo. In secondo luogo, scuole e docenti che valutavano bene prima potranno continuare a farlo

Nuova valutazione: cosa cambia?

Iniziamo dalle novità. I cambiamenti effettivamente introdotti dall’ordinanza sono due: tornano i voti più tradizionali e scompare l’obbligo di assegnare voti a obiettivi specifici di apprendimento. Vediamoli nel dettaglio.

Tornano i voti più tradizionali

Iniziamo dai voti, ovvero dalle sintesi ordinali della valutazione che vanno obbligatoriamente assegnati sulle schede di fine quadrimestre, trimestre o bimestre (valutazione periodica) e di fine anno (valutazione finale). Come è noto a chiunque abbia un minimo di cognizione in ambito valutativo, il voto è una particolare forma di comunicazione della valutazione che risponde a due caratteristiche: è sintetica e ordinale. Non importa che venga espresso attraverso numeri o parole, l’importante è che sia sintetico e che dia luogo a una graduatoria. D’altro canto, storicamente, la funzione del voto è di duplice natura: serve a rendicontare e a classificare. Per questo motivo, il voto è obbligatorio unicamente nella valutazione periodica e finale, che ha una funzione eminentemente burocratica e selettiva, e non in quella in itinere, che invece ha una funzione educativa e formativa.
Ora, in base alla vecchia normativa (in vigore dal 2021 al 2024) i voti si esprimevano attraverso quattro “livelli” (in via di acquisizione, base, intermedio, avanzato).
A partire dalla fine di quest’anno, questi livelli vengono sostituiti da sei “giudizi sintetici” (insufficiente, sufficiente, discreto, buono, distinto, ottimo).

Scompare l’obbligo di assegnare voti ai singoli obiettivi di apprendimento

Un’altra novità è rappresentata dalla scomparsa dell’obbligo di assegnare il voto a obiettivi di apprendimento. Tra il 2021 e il 2024, sulle schede non veniva assegnato un livello a una disciplina (per esempio, “intermedio” in Italiano), ma a diversi obiettivi della stessa disciplina, come “riconoscere il significato di parole e espressioni di uso comune” o “produrre testi informativi”. Al contrario, a partire dalla fine di quest’anno sarà obbligatorio assegnare il “giudizio sintetico” alla disciplina.

Bilancio del cambiamento

Nel complesso, questi due cambiamenti rappresentano un indubbio impoverimento della portata informativa e della chiarezza della valutazione offerta dalla scheda.
In primo luogo, il passaggio da quattro a sei voti aumenta l’arbitrarietà e l’imprecisione della valutazione. Infatti, in ambito docimologico è noto che le scale a sei livelli risultano molto più imprecise di quelle a quattro, dato che costringono a usare avverbi e aggettivi vaghi e generici al solo scopo di giustificare il passaggio da un “rango” all’altro. Va anche considerato che i voti introdotti hanno un’accezione moralistica (“insufficiente”, “buono”, “ottimo”) che rafforza la loro tendenza a etichettare i singoli individui.

In secondo luogo, la tendenza a etichettare l’individuo e non a valutare i suoi apprendimenti rischia di essere rafforzata dalla scelta di assegnare il voto sull’intera disciplina. Infatti, in assenza di riferimenti a obiettivi specifici (che sarà facoltativa), il voto unico tenderà a mascherare punti di forza e di debolezza dell’apprendimento di alunne e alunni.
L’assenza di fare obbligatoriamente riferimento a obiettivi specifici rischia di rendere molto più imprecisa, inaffidabile e iniqua la valutazione.

Infatti, la scelta di collegare la valutazione a concreti obiettivi di apprendimento consente di concentrare lo sguardo sulle attività svolte. Fare riferimento a obiettivi e non solo genericamente alla disciplina permette alla valutazione di rispecchiare l’andamento degli apprendimenti e non rappresenti invece qualcosa che identifichi lo studente. Impiegare gli obiettivi inoltre consente di contrastare in maniera più efficace le più diffuse distorsioni valutative, come l’effetto Alone (che si verifica quando elementi non pertinenti incidono sul giudizio) o l’effetto Stereotipia (che si verifica quando l’insegnante mantiene lo stesso giudizio anche se lo studente migliora o peggiora l’apprendimento).
Al contrario, è ampiamente dimostrato che le valutazioni genericamente espresse su una disciplina tendono a trasformarsi in etichette che definiscono l’individuo e si trasformano in vere e proprie gabbie identitarie dalle quali è difficile sfuggire.

Inoltre, non valutare per obiettivi tende a rafforzare ulteriormente la funzione riproduttiva e classificatoria della scuola. Un “distinto” o un “ottimo” in matematica non dicono nulla sulle cose apprese e su quelle da apprendere, però piazzano chiaramente il rampollo ai primi posti della classifica che inevitabilmente fa seguito a questo tipo di valutazione. Il messaggio che – consapevolmente o no – trasmettono scuole e docenti che sceglieranno di non valutare per obiettivi sarà molto chiaro: non importa avere informazioni su come migliorare, perché quello che conta non è l’apprendimento, ma riuscire a classificarsi tra i migliori o, in alternativa, evitare di finire tra i peggiori. È anche attraverso simili meccanismi che il nostro sistema scolastico risulta estremamente iniquo. Infatti, il carattere riproduttivo di questo tipo di valutazione garantisce che i primi posti in classifica siano solitamente appannaggio di studenti che hanno, grazie al reddito e alla cultura delle proprie famiglie, migliori opportunità formative.

Nuova valutazione: cosa resta?

Nel complesso, lo schema si fa più impreciso e ingarbugliato. Tuttavia, ci sono elementi di continuità che, nel complesso, possono prevalere su quelli di discontinuità.
Nel testo, come prevedibile, è scritto che “la valutazione in itinere resta espressa nelle forme che il docente ritiene opportune“, e che “le istituzioni scolastiche possono riportare nel documento di valutazione i principali obiettivi di apprendimento previsti dal curricolo di istituto per ciascuna disciplina”.
In primo luogo, rimangono le vecchie dimensioni (autonomia, continuità, altre cambiano di nome) che devono essere impiegate per assegnare il voto.

In secondo luogo, è vero che il riferimento agli obiettivi non è più obbligatorio, però non è affatto vietato. Il che significa che le scuole che avevano iniziato lavorare bene sugli obiettivi potranno continuare a farlo e non dovranno modificare il loro modo di valutare.
Va considerato infatti che nel corso degli ultimi anni la valutazione “per livelli” era stata accolta in maniera molto eterogenea nelle scuole. Prendiamo due casi estremi, per nulla infrequenti.

In alcuni istituti si era semplicemente sostituito i livelli ai vecchi giudizi sintetici, con un impatto pressoché nullo sul miglioramento della valutazione in itinere. In pratica, in queste scuole, nel corso della didattica i livelli venivano impiegati come etichette da assegnare in itinere. Questa scelta contraddiceva la normativa (che esplicitava come il livello riguardasse la valutazione periodica e finale, non quella in itinere), però consentiva di non modificare la didattica continuando usare la valutazione come strumento di classificazione. Ebbene, queste scuole potranno continuare a lavorare così.

Al contrario, in altre scuole si è provveduto a lavorare in itinere per obiettivi, valutando le attività svolte in modo da fornire a studenti e famiglie concrete informazioni sullo sviluppo degli apprendimenti e usando la valutazione come mezzo di miglioramento. Cosa cambia per queste scuole? Nulla. Infatti, queste scuole non dovranno fare altro che riportare sulla scheda finale i diversi obiettivi, indicando però un voto unico per la disciplina. Questo significa che in itinere sarà possibile – oltre che consigliabile – continuare a valutare per obiettivi senza assegnare i voti, ma fornendo preziose indicazioni di miglioramento. Una scelta che, come ampiamente dimostrato, rende più efficace ed equa la didattica.

In un certo senso, possiamo affermare che con questa “nuova” valutazione non cambi assolutamente nulla.

Infatti, scuole e docenti che in itinere praticavano una valutazione diseducativa – utilizzando i voti (numerici come “8” o non numerici come “intermedio” o “buono”) senza alcun riferimento a obiettivi di apprendimento – potranno tranquillamente continuare a farlo. 

Al tempo stesso, scuole e docenti che in itinere praticavano una valutazione educativa – utilizzando non i “voti” (numerici come “8” o non numerici come “intermedio” o “buono”) ma i riscontri descrittivi relativi a obiettivi di apprendimento – potranno tranquillamente continuare a farlo.

La retorica catastrofistica che esalta i lati negativi indubbiamente presenti nella nuova ordinanza rischia di fare più danni dell’ordinanza stessa, perché tende ad agire come elemento di deresponsabilizzazione.

Al contrario, è bene ricordare che il destino della valutazione educativa rimane saldamente nelle mani di scuole e docenti. Saranno loro a decidere se valutare per classificare o valutare per trasformare.

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