Dalle reazioni all’intervento del ministro Moratti a Rimini si può già ritenere che alcune questioni – pubblico-privato, esame di stato, retribuzione dei docenti – saranno al centro del dibattito del nuovo anno scolastico.
In particolare ritorna prepotente il problema della scuola pubblica, che in questi mesi aveva già trovato spazio critico – spesso con pregiudiziali e considerazioni ideologiche – soprattutto in taluni ambienti dell’opposizione e del sindacato. Basti ricordare la critica pretestuosa di chi ha creduto di rinvenire la prova della volontà “filo-privata” del ministro nel fatto che il suo ministero ha perso l’aggettivo di “pubblica” Istruzione per chiamarsi “dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca”, non sapendo che la nuova denominazione è stata decisa dal precedente Governo.
A Rimini Moratti ha svolto un’analisi non nuova sulla situazione delle scuole private in Europa e ha affermato il diritto delle famiglie di effettuare una libera scelta per l’educazione dei figli. Più in là non è andata, a differenza di quanto i titoloni sui giornali potessero lasciar credere, e si è ben guardata dall’avanzare ipotesi per proposte legislative in materia. Ma tanto è bastato per scatenare attacchi polemici.
Ma se sulla scuola privata ha fatto intendere che occorre recuperare un’attenzione diversa anche in Italia, sulla scuola pubblica cosa pensa effettivamente il ministro Moratti?
Il suo pensiero, forse più meditato e formalizzato, appare nell’intervista a “Famiglia Cristiana”, riportata integralmente sul sito del ministero (www.istruzione.it), in cui afferma che “la scuola pubblica in Italia copre il 93% del sistema scolastico: pensare ad un’attività che non abbia come obiettivo la riqualificazione massima del pubblico mi pare insensato”.
Per la Moratti, dunque, non necessariamente l’attenzione al privato vuole essere in alternativa al pubblico. Staremo a vedere.
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