Maturità 2021 e Invalsi, Ricci: ‘Prove irrinunciabili per capire come agire per fronteggiare le sfide di oggi e domani’

Il dibattito sul format della Maturità 2021, nonostante le incognite che aleggiano sul Governo è più che mai vivo. I capitoli aperti sono ancora molti e tra questi c’è anche il destino delle prove INVALSI. A oggi le prove sono requisito per l’ammissione all’esame, ma già nel 2020, la pandemia ne ha impedito lo svolgimento completo in quinto superiore e quindi ha costretto a soprassedere. Quest’anno la questione si pone di nuovo, e non solo per gli studenti prossimi alla Maturità. Le prove, infatti, rappresentano forse l’unico strumento diagnostico disponibile per monitorare a livello nazionale le competenze raggiunte in Italiano, Matematica e Inglese dagli studenti nei vari livelli del proprio percorso: seconda e quinta elementare, terza media, secondo e quinto superiore. Quindi anche se l’esame di Maturità sembra andare nella stessa direzione intrapresa nel 2020, sarebbe auspicabile che le prove INVALSI, anche senza essere un requisito d’esame, fossero svolte da tutti gli studenti abitualmente coinvolti dalle rilevazioni. Perché, in un momento in cui sono massime le difficoltà per la scuola e per gli studenti, è necessario avere una fotografia puntuale di ciò che è andato perso in questo periodo. I dati elaborati da INVALSI, in questo senso, sono irrinunciabili per capire meglio come agire per fronteggiare le sfide che si stanno aprendo oggi e che si apriranno domani. A pensarla in questo modo è Roberto Ricci, responsabile Area Prove INVALSI, che su questo tema ha rilasciato un’intervista a Skuola.net. Ne riprendiamo di seguito alcuni punti nodali.

In un anno come questo, con la pandemia ancora in corso, è proprio necessario far le prove?

“Questa domanda sottintende che le prove siano una sorta di punizione, o almeno un peso in più da far sopportare agli studenti; in realtà non è così. Se consideriamo che gli studenti di quest’anno dalla scuola hanno avuto meno, da tanti punti di vista, è opportuno che si indaghi su questo “meno” per quello che riguarda l’aspetto delle competenze acquisite/non acquisite, perché sia possibile avviare per loro attività compensative: corsi di recupero, lezioni apposite, ecc. Avendo a disposizione dati precisi e capillari. Per i docenti, poi, gli esiti informeranno su quali cose, tra quelle fatte, hanno funzionato di più e su quali meno. Ma è l’intero sistema che complessivamente,disporrà di informazioni attendibili per avviare interventi mirati adeguati ai danni rilevati”.

Si parla di modifica dell’esame di maturità, le prove INVALSI continueranno a essere un requisito di ammissione?

“Questo dipende dall’andamento della pandemia e dalle decisioni che prenderà di conseguenza il governo. L’importante è che le prove le sostengano tutti o, quanto meno, il numero più alto possibile di studenti. È chiaro che se la situazione sanitaria renderà impossibile ad alcuni studenti – speriamo di no – di svolgere le prove, allora questo ostacolo non potrà e non dovrà impedire di essere ammessi all’esame finale. Detto ciò, è necessario avere dati su tutti e per tutti al fine di predisporre azioni di supporto e di recupero per coloro che ne hanno maggiormente bisogno. Rimedi e aiuti che potranno essere a vantaggio di tutti, non solo degli studenti che da qui a qualche settimana saranno chiamati a sostenere le prove INVALSI, ma anche degli studenti dei prossimi anni. Infine, è importante fare tesoro delle esperienze passate. Sarebbe un errore rendere facoltativo lo svolgimento delle prove. L’esperienza insegna, non solo in Italia, che in questo ultimo caso le prove non sarebbero svolte dagli studenti con livelli di competenza più bassi. Ciò significherebbe non avere dati per intervenire a favore di chi ne avrebbe più bisogno”.