Maturità: la riforma per DM?
Il maxi emendamento del governo alla legge di stabilità ha lasciato intatti i commi 100-102 dell’art. 2 (ora commi 348-350 dell’art.1) nella formulazione introdotta dalla Camera. Tali commi affidano al Ministro dell’istruzione il compito di predisporre un Decreto (DM) che riformi gli esami di maturità, abolendo le disposizioni dell’articolo 4 della legge 10 dicembre 1997, n. 425, quello intitolato ‘Commissione e sede di esame’.
Secondo alcuni autorevoli esperti di diritto amministrativo e costituzionale si tratterebbe però di una norma incostituzionale perché affiderebbe a un Decreto ministeriale (normativa secondaria) il compito di modificare disposizioni di legge (normativa primaria), anche se va considerato che il DM è uno strumento attivato dalla legge di stabilità.
Secondo la prima interpretazione, la vigente normativa sulla delegificazione, regolata dall’art. 17 della legge 400/1988 (comma 2), prevede che una legge possa essere modificata solo con un DPR e non un DM, con il quale il ministro può intervenire solo sulle materie di sua competenza, non su quelle di competenza del Parlamento, come sono le leggi.
Di questa opinione è anche Giorgio Allulli, protagonista della raccolta di firme che aveva recentemente indotto il ministro Giannini (e lo stesso presidente Renzi) a fare marcia indietro sulla questione della eliminazione dei membri esterni dalle commissioni d’esame di maturità. Ma ora, sia pure in modo meno esplicito, la questione torna a fare capolino.
Ma “se il ministro farà il decreto, ogni alunno bocciato con il nuovo sistema potrebbe fare ricorso e vedersi annullato l’esame suo e di tutti i suoi compagni”, osserva Allulli, interpellato in proposito da Tuttoscuola. Basterebbe che facesse ricorso al TAR eccependo l’incostituzionalità della norma contenuta nella Legge di Stabilità.
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