Maturità: ci vuole un controllo collegiale per le tracce

All’antivigilia dell’esame di Stato, Tuttoscuola si poneva questo interrogativo retorico: “serve ancora l’imponente macchina da guerra della maturità?”.

I fatti dei giorni successivi hanno fornito eloquenti risposte di cui gli errori dei testi sono stati l’indizio inconfutabile.

Gli errori sono sempre possibili, ma si possono adottare degli accorgimenti per ridurne la probabilità di accadimento.

Quella macchina da guerra che fondava la sua forza in modo ossessivo sulla segretezza e inviolabilità delle prove d’esame è stata vittima di questo imperativo categorico del top secret, al punto da rimettere ad una sola persona, la super ispettrice, la responsabilità del controllo definitivo.

L’assenza di un controllo collegiale, incrociato, ha aumentato la probabilità di errori nella pubblicazione dei testi. Il resto lo ha fatto la difficoltà di governare la macchina diabolica in condizioni rese ogni anno più complicate dal rincorrersi delle riforme (Berlinguer, Moratti, Fioroni) e delle sperimentazioni (maxi, mini, assistite, Brocca, Michelangelo ecc.: 912 indirizzi, di cui 636 sperimentali!).

Se il ministro Gelmini, come ha annunciato, vorrà rendere credibile e affidabile la nuova procedura della preparazione e della selezione delle prove, dovrà fondare il cambiamento sulla collegialità, prevedendo che nessun esperto resti solo e che nessuna prova selezionata non venga prima verificata e validata da un staff di elevato livello scientifico. D’altronde il segreto non si conserva restringendo il numero delle persone coinvolte ma puntando sulla crescita dei livelli di etica e di responsabilità sempre richiamati e mai effettivamente praticati e verificati.

E poi, come non pensare, in tempi di telematica e alta tecnologia, a nuove procedure che integrino o sostituiscano il tradizionale plico cartaceo?