Manovra. Quel comma 23 di troppo

"Per il personale docente, Amministrativo, Tecnico ed Ausiliario (A.T.A.) della Scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012
non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle
disposizioni contrattuali vigenti"
(comma 23 dell'art. 9 del decreto legge 78/2010).

Così era e così è rimasto dopo l’approvazione del maxiemendamento della manovra al Senato.

La progressione di carriera del personale scolastico in servizio, d’ora in poi, sarà, quindi, ritardata di tre anni fino al momento della pensione e il personale incasserà gli aumenti per il passaggio di gradone sempre tre anni dopo, perdendo, quindi, altrettanti anni di aumento fino al termine della carriera. I ritardi di riscossione costeranno complessivamente per i più giovani fino a 29 mila euro, secondo i valori contrattuali attuali.

Quegli anni “congelati” saranno, però, utili per l’anzianità pensionistica (i contributi continueranno, infatti, ad essere versati regolarmente), mentre tutti i futuri scatti di gradone saranno ritardati di tre anni.

Tutto questo è la conseguenza del comma 23, e non incide più di tanto che a quel vecchio comma 23, con il maxiemendamento, sia stato aggiunto questo ulteriore breve periodo: “è fatto salvo quanto previsto dall’articolo 8, comma 14″.

Il nuovo comma 14 dell’articolo 8 prevede che le risorse del 30% siano utilizzate in parte a favore del personale scolastico (a voce il relatore di maggioranza ha dichiarato che le risorse serviranno per pagare gli scatti di questo triennio).

Gli scatti di anzianità che dovrebbero essere salvati dal maxiemendamento non possono che essere quelli del triennio 2010-2012: un beneficio che riguarderà soltanto la metà del personale e che, nonostante alcune rassicurazioni sindacali, probabilmente avrà solo effetto economico (e non giuridico), perché, come conferma tuttora il comma 23, “gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali….”