Madre nubile e insegnamento della religione

Ha destato scalpore la decisione della Cassazione di respingere il ricorso contro il licenziamento subito da un’insegnante di religione cattolica di Firenze per la sua condizione di madre nubile.
Reazioni di segno opposto, trasversali ai gruppi politici, sono venute da parlamentari e rappresentanti dei partititi di maggioranza e opposizione.
Dalla decisione potrebbe ora venire un’altra imprevista conseguenza, riguardante circa 100 mila insegnanti di ruolo della scuola elementare e dell’infanzia statale, insegnanti di religione.
A differenza della scuola secondaria, i docenti dell’elementare e della materna titolari di classe, riconosciuti idonei dall’ordinario diocesano sono autorizzati ad insegnare religione cattolica agli alunni della propria classe, a meno che ne chiedano l’esonero. Gli incaricati esterni subentrano ai docenti titolari, quando in una classe nessun docente si dichiara disponibile a quell’insegnamento.
L’idoneità richiesta all’insegnante fiorentina è la stessa prevista per le docenti di ruolo che, secondo il diritto canonico, richiede che i docenti di religione “si distinguano per retta dottrina, testimonianza di vita cristiana e competenza pedagogica“.
La testimonianza di vita cristiana, richiesta come requisito di base, riguarda dunque tutti gli insegnanti di religione, titolari della classe o incaricati esterni.
In situazione contrastante con l’idoneità richiesta potrebbero trovarsi centinaia di maestre (che insegnano anche religione), divorziate, separate, madri nubili od in altra “negativa” condizione personale.
Lo Stato da cui dipendono riconosce la piena legittimità della loro condizione personale, ma gli ordinari diocesani potrebbero negarne l’idoneità all’insegnamento della religione. Una revisione delle situazioni in atto, sull’esempio di Firenze, potrebbe portare alla revoca di molti nulla-osta, senza conseguenze sul rapporto di lavoro, ma dirompenti per il rapporto Stato-Chiesa.