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Lombardia: studiare in azienda, lavorare a scuola

È stato presentato a Milano lo scorso 18 novembre nell’auditorium di Assolombarda, con l’intervento del presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni e dell’assessore regionale all’istruzione, formazione e lavoro Valentina Aprea, il volume Studiare in azienda, lavorare a scuola (edito da GueriniNext) scritto da Stefano Cianciotta, ricercatore ed editorialista economico, in collaborazione con la stessa Aprea e con prefazione di Gianfelice Rocca, presidente di Assolombarda.

L’originale formula adottata nel libro – il cui titolo richiama concettualmente il modello della flipped classroom (classe capovolta), che rovescia il rapporto tra apprendimento teorico e suo svolgimento operativo – è quella dell’intreccio tra l’analisi della tematica, affidata a Cianciotta, e la valutazione delle sue ricadute dal punto di vista politico e operativo, esposta da Aprea in ampi commenti che seguono ciascuno dei quattro capitoli nei quali il volume è suddiviso (L’Italia, la Lombardia e la nuova rivoluzione industriale; A scuola per lavorare; L’Europa dell’innovazione; Il futuro è duale).

Il modello analizzato e proposto alle altre Regioni come prototipo replicabile, è quello realizzato in Lombardia con l’apprendistato di primo e di terzo livello, che interessa attualmente  2.600 giovani, che lavorano e studiano grazie al ‘sistema duale’ introdotto da una legge regionale lombarda, che ha preceduto il Decreto legislativo n. 81/2015 (Jobs Act). “Con il sistema duale abbiamo registrato che molte imprese si sono affidate all’apprendistato non solo per far lavorare i giovani ma anche per consentire loro di incontrare il lavoro formativo”, ha detto Aprea, che ha sottolineato il carattere di best practice a livello europeo del modello di apprendistato lombardo.

Non è mancato un riferimento all’attualità politica, dominata dal dibattito sul referendum del 4 dicembre. Lo ha fatto nel suo intervento il presidente Maroni, che ha evocato il rischio che in caso di vittoria del sì “le modifiche che sono state presentate alla Costituzione determinino alle politiche del lavoro (…) uno standard unico a livello nazionale” (che) “non sarà utile per nessuno e sarà dannoso per noi”.

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