Lavori socialmente utili per gli studenti violenti: ha senso delegare a terzi l’azione educativa?

Lavori socialmente utili per gli studenti violenti. E’ questa la proposta del neo ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che in questi giorni sta facendo discutere. In effetti il problema della tenuta scolastica dei cosiddetti “comportamenti problema”, soprattutto per quanto riguarda le scuole secondarie, è sempre più complessa.

Nel corso degli anni si sono moltiplicate le attività e le iniziative nei territori volte a coinvolgere esperti, psicologici, esponenti delle forze dell’ordine, avvocati, magistrati e, più in generale, la rete intorno alla scuola per dare risposte educative al fenomeno dilagante di atti violenti e di bullismo nelle scuole. Certo, attività di questo tipo richiedono impegno e soprattutto tempo e a volte sembra proprio non essercene di tempo per i problemi scolastici. E allora, il neo Ministro propone il pugno duro verso gli studenti più violenti, e pensa ai lavori socialmente utili. Ma potrebbe davvero funzionare come idea?

In ambito educativo le risposte ai problemi seguono logiche a sé stanti e si caratterizzano, lo sappiamo bene, per il fatto che gli esiti sono incerti e i tempi difficili da prevedere. Qualcuno potrebbe pensare che, in fondo, non sia più possibile attendere e che sia giunto il momento di agire. Il problema è che, nonostante tutto, si stia già agendo e le scuole hanno capito che non possono risolvere problemi così complessi da sole. La proposta del Ministro invece, oltre a cecare risposte rapide e problemi complessi, tende a delegare il ruolo educativo a soggetti esterni alla scuola. Chi seguirebbe i ragazzi nella messa alla prova? Quali ricadute avrebbe il lavoro socialmente utile nella carriera scolastica? Ci sarebbe una valutazione del percorso? Di quale genere?

La proposta sembra più una presa di posizione ideologica, che strutturale. Per alcuni versi sembra rimandare alla misura della messa alla prova che nel processo penale minorile, è uno degli epiloghi speciali previsti dal D.P.R. 448/1988 che prevede la sospensione del processo e l’affidamento del minore al servizio sociale. Insomma una delega che, in questo caso, sospende un processo di natura penale. Veramente vogliamo che la scuola abdichi al suo compito di educare ed istruire in favore di soggetti terzi? Sembra più una sconfitta.

Se vogliamo che la scuola torni al centro del villaggio dobbiamo agire in fretta e su molti fronti, ma forse non conviene cedere alle lusinghe dell’autoritarismo e della delega. Forse potrebbe essere più opportuno investire sulla formazione dei docenti, prevedere figure strutturali nell’organico scolastico, ad esempio psicologi ed educatori, incentivare la costruzione di reti e percorsi comunitari, uscire dalla logica del programma per entrare in una dimensione più complessa delle indicazioni nazionali, che, recitano testualmente: “

Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale e le aperture offerte dalla rete di relazioni che la legano alla famiglia e agli ambiti sociali. La definizione e la realizzazione delle strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e complessità di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e delle sue fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di formazione. Lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi. In questa prospettiva, i docenti dovranno pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di significato”.[1]

Porre lo studente al centro dell’azione educativa è faticoso, complesso, e a volte sembra essere quasi inutile. Ma, forse forse, potrebbe funzionare.

 

[1] Indicazioni Nazionali per il Curricolo per la scuola dell’Infanzia e del primo ciclo d’istruzione, p. 5 https://www.miur.gov.it/documents/20182/51310/DM+254_2012.pdf/1f967360-0ca6-48fb-95e9-c15d49f18831?version=1.0&t=1480418494262

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