L’anagrafe dello studente non utilizza dati personali sensibili/2

A proposito del dato sensibile sul credo religioso, la scuola, normalmente in sede di iscrizione degli alunni, chiede alle famiglie se intendono avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica, al fine di organizzarne l’insegnamento. Sul credo religioso non viene chiesto altro. Possono essere le famiglie, caso mai, a segnalare eventuali tutele come, ad esempio, quella dell’esonero dalle lezioni nella giornata del sabato per gli ebrei. Niente di più.

Allo stesso modo è la famiglia di alunni disabili a chiedere sostegno o altri servizi (assistenza, trasporti); e la scuola trasmette i dati relativi al Comune per attivare interventi di supporto.

Insomma secondo la normativa l’acquisizione di dati sensibili è un diritto delle scuole e non viola la privacy.

La polemica su questa presunta violazione dei dati sensibili è nata in conseguenza dell’istituzione dell’anagrafe nazionale dello studente (D.M. 74/2010) che, secondo il decreto ministeriale che l’ha istituita, si avvale dei dati acquisiti dalle singole istituzioni scolastiche.

Ma i dati che arrivano all’anagrafe sono rigorosamente non personali ma quantitativi. Non c’è rischio, dunque, di violare la privacy, come ha accertato il Garante per la protezione dei dati personali che, dopo un lungo esame dello schema di decreto, ha rilasciato il proprio benestare.

E l’anagrafe nazionale (meglio se integrata con le anagrafi regionali) può diventare, finalmente, un prezioso strumento per controllare in tempo reale l’assolvimento dell’obbligo scolastico e prevenire la dispersione scolastica.   

Non c’è dubbio comunque che in questa materia ci si debba muovere con un supplemento di attenzione e cautela sia nell’acquisizione che, a maggior ragione, nella pubblicazione di dati relativi agli aspetti più intimi e riservati degli studenti.