Tuttoscuola: Non solo statale

L’Agesc a Tuttoscuola: ” ‘Il senza oneri per lo stato’ è un residuato ideologico”

Nell’ambito delle iniziative legate all’apertura di un canale tematico dedicato alle scuole paritarie, Tuttoscuola ospita un forum, nel quale si apre al mondo dell’associazionismo, ponendo domande sull’istruzione non statale. Ci ha risposto la presidente dell’ AGeSC Maria Grazia Colombo.

D: Sul finanziamento delle scuole paritarie ci sono tuttora opinioni molto contrastanti, che vanno dal rifiuto di qualunque tipo di sostegno economico all’idea che la preclusione costituzionale (“senza oneri per lo Stato”) vada interpretata nel senso che lo Stato non può avere in nessun caso l’obbligo di finanziare le scuole non statali, anche se paritarie, ma ne può avere la facoltà, ovviamente sulla base di una legge.
Qual è la vostra posizione in proposito?

R: L’AGeSC ritiene che il dibattito sul “senza oneri per lo Stato” sia ormai un residuato degli scontri ideologici del secolo scorso ripreso solo da chi difende degli interessi corporativi (nel sindacato e nella politica), e non sa guardare ai problemi reali ed alle possibili soluzioni che la situazione odierna richiede. Sono gli stessi interessi che si oppongono a una libertà di scelta dei docenti, alla valutazione dei risultati formativi delle scuole e dei docenti da rendere pubblica, all’abolizione del valore legale del titolo di studio, tutte condizioni importanti per un miglioramento del sistema d’istruzione nazionale. Solo l’arretratezza culturale e politica di una parte notevole della nostra classe dirigente (di sinistra e di destra, nei partiti, nei sindacati e nei mass-media) impedisce una soluzione al problema del finanziamento delle scuole paritarie: eppure siamo parte integrante di un’Europa che ha ampiamente risolto in modo positivo la questione, abbiamo una Costituzione che attraverso il principio di sussidiarietà riconosce il ruolo della società civile nella costruzione del bene comune in questa Repubblica, esiste una legge approvata nel 2000 che riconosce il servizio pubblico della scuola paritaria. E’ secondo noi evidente che oggi non ha più nessuna importanza quale sia il soggetto giuridico che gestisce una scuola (se lo Stato, il Comune o un ente privato o una cooperativa di genitori), ma se questa scuola risponde alle richieste di educazione ed istruzione delle famiglie e dei giovani: in questo caso lo Stato non solo ha la facoltà, ma dovrebbe avere l’obbligo di sostenerla finanziariamente per favorirne l’accesso a chiunque la voglia frequentare. Un’ultima osservazione: siamo in un grave momento di crisi finanziaria in tutta Europa, per cui parlare di fondi alle scuole non statali potrebbe sembrare improponibile; eppure, proprio sostenendo le scuole paritarie, lo Stato potrebbe in un certo arco di tempo realizzare notevoli risparmi nelle spese scolastiche, come dimostrano sia i conti che la nostra Associazione ha fatto sui costi delle scuole paritarie sia le esperienze di altri Paesi.

D: Gli interventi per il diritto allo studio, che sono di competenza regionale, non fanno distinzione di trattamento tra alunni di scuole statali e paritarie. Potrebbe essere questa la strada per venire incontro alle maggiori spese dei genitori che scelgono la scuola paritaria?

R: Gli interventi regionali per il diritto allo studio sono certamente uno strumento importante per il sostegno agli alunni senza distinzioni fra il tipo di scuola frequentato. Ma in questo senso sono uno strumento di tipo assistenziale nei confronti delle fasce di popolazione con i redditi più bassi. Purtroppo poche Regioni – e fra queste in particolare si segnalano in primo luogo la Lombardia, oltre ad alcune a statuto speciale come Trentino, Alto Adige e Friuli, seguita a una certa distanza da Veneto e poi Liguria e Piemonte – tengono conto delle spese sostenute dalle famiglie per la libera scelta della scuola, per cui senza questa attenzione anche uno strumento che dovrebbe servire una maggiore giustizia sociale, finisce per discriminare chi esercita il proprio diritto alla libertà di scelta. Inoltre lo strumento del diritto allo studio proprio perché legato alla discrezionalità di ogni Regione crea nel Paese situazioni estremamente diversificate, fatto che in relazione all’esercizio di un diritto fondamentale della persona qual è la libertà di scelta educativa della scuola non può essere tollerato.

D: Che cosa pensa della detraibilità fiscale delle spese sostenute dai genitori che iscrivono i loro figli alle scuole paritarie?

R: La strada della detraibilità fiscale riconosciuta alle famiglie per le spese scolastiche è sicuramente una delle soluzioni più facilmente attuabili per giungere al riconoscimento della parità e della libertà di scelta. Vanno però rispettate alcune condizioni: 1) si tratta di detraibilità dalle imposte delle spese scolastiche sostenute che non può essere limitata al 19% (come ad esempio certe spese sanitarie), altrimenti il basso recupero non consentirebbe alle famiglie più povere una vera libertà; 2) insieme alla detrazione va previsto il credito d’imposta per coloro che non hanno redditi tali da consentire il totale recupero sulle imposte pagate; 3) la detraibilità deve far parte di un insieme di strumenti fra cui convenzioni e contributi diretti alle scuole che tengano conto dei costi fissi delle scuole e delle diverse situazioni territoriali.

D: L’ipotesi più radicale è che a tutti i genitori venga dato un buono studio, corrispondente a un costo standard calcolato a livello nazionale, spendibile indifferentemente nelle scuole statali e in quelle paritarie. Che cosa ne pensa?

R: Il buono-scuola è da sempre fra le proposte che l’AGeSC ha sostenuto come risolutive del tema parità, uno strumento che metterebbe sullo stesso piano tutti i cittadini e tutte le scuole che potrebbero così competere liberamente nel perseguimento della migliore offerta formativa per i nostri ragazzi. Ci rendiamo però conto che l’opposizione che un simile strumento scatenerebbe, da parte di chi in Italia si oppone a un vero libero rinnovamento della scuola e sa muovere le piazze con parole d’ordine ideologiche, non rende perseguibile oggi una simile strada, per cui riteniamo più realistico attenerci ad un mix di interventi come già sottolineato.

D: Nelle ultime settimane si è parlato spesso della costituzione di albi regionali degli insegnanti abilitati, dai quali le istituzioni scolastiche autonome, statali e paritarie, possano attingere direttamente, scegliendo, senza rigidi vincoli, i docenti migliori. Rispetto all’obiettivo di qualificare l’offerta formativa delle scuole, quali elementi positivi o negativi ritiene che abbia la proposta?

R: E’ evidente che una simile proposta ci trova consenzienti: ritengo che la componente docenti sia il fattore decisivo per la qualità di una scuola; perciò la libertà delle istituzioni, ma anche quella dei docenti nei confronti delle scuole, di scegliere in autonomia secondo progetti formativi condivisi farà sicuramente fare un salto di qualità all’opera di istruzione del nostro sistema scolastico. D’altra parte si sa che i Paesi che offrono le migliori prestazioni nelle graduatorie internazionali sono caratterizzati da scuole realmente autonome che provvedono direttamente alla scelta dei propri docenti e su questa strada si muovono tutte le proposte di miglioramento messe in campo oggi da molti governi nazionali.

D: Nelle settimane scorse è stata avanzata la proposta di definire graduatorie regionali che, rispetto a quelle attuali, dovrebbero introdurre nuovi requisiti finalizzati ad assicurare maggiore stabilità dei docenti. La maggiore rigidità che conseguirebbe dalla proposta può assicurare maggiore qualità al servizio? Se sì, sarebbe opportuno che venisse estesa anche alle scuole paritarie?

R: Sicuramente il tema della stabilità dei docenti e quindi della continuità didattica è fondamentale per il miglioramento della qualità del servizio di istruzione. D’altra parte una soluzione al problema era già prevista nella legge Moratti che legava lo spostamento dei docenti al completamento di un ciclo o di un suo segmento predeterminato. Tutto questo è stato poi cancellato da accordi sindacali che hanno penalizzato le famiglie e il percorso educativo dei loro figli. E’ perciò sicuramente necessario tornare a introdurre dei vincoli nei contratti, anche per una parte che potrebbe essere gestita direttamente con le scuole, che favoriscano la stabilità della funzione docente, ma sempre valorizzando la libertà e l’autonomia dei docenti e delle scuole piuttosto che la rigidità di graduatorie il cui valore è spesso incerto. Il problema della continuità didattica si presenta, d’altra parte, anche nelle scuole paritarie i cui docenti troppo spesso si trasferiscono nei ruoli statali a causa della precarietà delle scuole non statali senza certezza di finanziamento e della diversità di trattamento economico: solo una reale parità economica risolverà questo problema, rispettando quella libertà di reclutamento che già oggi caratterizza il sistema scolastico non statale.

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