La scuola che accoglie: ‘Inclusione dei bambini ucraini strada per la loro felicità’. L’intervista a una preside di un istituto romano

In queste ore sempre di più sono le scuole che in Italia si stanno mobilitando per accogliere bambini e ragazzi ucraini, in fuga dagli orrori della guerra. La scuola italiana si caratterizza da sempre per un alto livello di accoglienza, basti ricordare che siamo tra i pochissimi Paesi al mondo a non prevedere scuole speciali per gli alunni con disabilità (grazie alle conquiste sociali degli anni Settanta) né per gli alunni stranieri. In molti Stati esteri, europei e non, quando un bambino non parlante la lingua del posto chiede di essere iscritto a scuola frequenta un periodo in strutture apposite per stranieri, con l’idea di apprendere la lingua del luogo in maniera graduale. L’Italia invece ha scelto quella che gli specialisti chiamano la total inclusion, cioè un’accoglienza incondizionata e soprattutto non legata a nessun livello di performance o capacità. Sarà forse questa dimensione di accoglienza della nostra scuola e della nostra società, una delle motivazioni, sicuramente non l’unica né la principale, che vede l’Italia in prima fila nell’accoglienza di profughi Ucraini, e non solo.

Ci stanno pervenendo storie di ordinare accoglienza, nella quali non solo si è proceduto ad inserire fisicamente uno o più bambini, il che sarebbe già un evento irrealizzabile in molti paesi, ma si sono create le condizioni per un’accoglienza solidale e profonda che sta portando benefici all’intera comunità. Raggiungiamo telefonicamente la prof.ssa Patrizia Tozi, Dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo Tullio De Mauro, nel quartiere Colli Aniene di Roma. “Abbiamo dato la disponibilità ad accogliere bambini e ragazzi, che ci sono stati inviati sia da privati cittadini che dagli enti locali.  Abbiamo accolto tre bambine, due sono in quinta ed una andrà alla scuola dell’infanzia. Abbiamo molto curato il momento dell’incontro, dedicando un momento specifico ad ognuno dei tre bambini, affinché con i loro tempi potessero entrare nel nuovo contesto. I bambini sono stati sommersi dalla solidarietà, da regali, vestiti, qualunque cosa potesse servire a chi ha perso tutto”.

Possiamo solo immaginare come ci si possa sentire a perdere tutto, a lasciare il proprio padre in una terra martoriata dalla guerra e a dover ricominciare tutto daccapo. Chiediamo come hanno reagito i bambini a tutto questo.

In generale i bambini meglio degli adulti – spiega la preside -. Abbiamo richiesto un mediatore culturale al municipio, arriverà. È una bella esperienza: i bambini sono aperti e disponibili, ma sono provati, appena sentono un rumore più forte sobbalzano o mostrano grande preoccupazione. Hanno vissuto momenti terribili, la scuola saprà aiutarli. La scuola può fare tantissimo, perché l’inclusione di questi bambini è una strada per la loro felicità. Prima parte l’accoglienza della scuola, prima parte l’integrazione e solo stando a scuola il bambino può stare meglio, affrontare e superare queste terribili immagini di guerra che hanno vissuto. Le bambini sono felici di stare con i coetanei, capiscono che loro sono la migliore cura. Le bambine non si stanno chiudendo, anzi. La scuola, di fatto colma le carenze e il senso di solitudine che stanno vivendo.”

Ringraziamo la preside, che tra molti impegni ha trovato il tempo per raccontarci uno scorcio di scuola reale, quella che difficilmente troviamo in apertura dei tg. In fondo la scuola italiana, anche in un momento di crisi come questo, ha scelto la strada dell’accoglienza concreta, fatta di gesti semplici, competenza diffusa e tanta, tanta passione educativa.

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