La scuola centro di ricerca: un’ipotesi impossibile?

Forse poche altre parole, fra quante appartengono al lessico pedagogico, hanno subito uno snaturamento e un impoverimento di significato come è accaduto per la parola «ricerca». termine che, nel suo significato genuino, rimanda a un fiorire di esperienze intelligenti, ricche di qualità, proprie di una scuola intensamente impegnata nel rinnovamento dei metodi e dei contenuti, all’interno di una solida visione educativa, ma che, purtroppo, non poche volte, viene associato a esperienze di ben altro segno, che hanno contribuito a stravolgere il significato autenticamente innovativo, riducendone e snaturandone il senso.

Quante volte abbiamo potuto vedere ragazzi ai quali è stato assegnato, talvolta perfino come compito per casa, di compiere generiche «ricerche», con a tema gli animali, o l’inquinamento, o lo sport, e via elencando. Un’attività che non parta da una domanda, che non scaturisca da un problema sfidante, non può essere definita “ricerca”. Ed è comprensibile che gli studenti si difendano scaricando da internet quante più informazioni possibili, senza però che tale raccolta sia collegata a un interrogativo che abbia saputo suscitare stupore, curiosità, desiderio di trovare una risposta. Quando la ricerca scade nell’enciclopedismo, nel nozionismo, nel copia e incolla, non c’è che da rallegrarsi se viene abbandonata.

Ma la ricerca, nel suo significato autentico, è qualcosa di molto diverso, e, nella tradizione scolastica, ha antecedenti importanti. In Italia il riferimento più autorevole è dato da Alfredo Giunti, al quale si deve l’elaborazione della proposta chiamata Scuola come Centro di ricerca (SCR). Tale proposta, scaturita da una lunga esperienza di maestro elementare, e, successivamente, sviluppata e validata grazie ad un gruppo sperimentale di insegnanti, dirigenti, docenti universitari, ha segnato un punto di svolta di grande rilevanza.

Secondo A. Giunti bisogna superare sia la scuola «delle nozioni» (la vecchia scuola tradizionale), sia la scuola «delle occasioni» (la scuola tutta improvvisazione e spontaneismo) e questo è possibile fondando la didattica su solide basi teoriche e prendendo come modello di riferimento quello della ricerca scientifica. Avendo come riferimento teorico studiosi quali T. Nagel, P. Feyerabend e, soprattutto, K. Popper, tale proposta intende ‘tradurre’ sul piano didattico i principi metodologici utilizzati dalla miglior ricerca scientifica.

La scuola della ricerca nasce dai problemi, che mettono l’alunno in dissonanza e lo obbligano a formulare ipotesi provvisorie per cercare possibili risposte. Le ipotesi però vanno verificate, attraverso un lavoro di indagine che si sviluppa usando, per quanto possibile, le metodologie proprie delle discipline scientifiche. Le discipline, così intese, sono i linguaggi dell’alfabetizzazione culturale, i modelli di riferimento per il pensiero, i mezzi per l’educazione della persona.

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Chi è l’autore
Italo Fiorin
Coordinatore del Comitato Scientifico nazionale per l’attuazione delle Indicazioni Nazionali per il Curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione.

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