La rivolta degli insegnanti in Messico

Sembrava che il lungo sciopero degli insegnanti di Oaxaca, una delle province più povere del Messico, confinante con il Chiapas, stesse per concludersi lo scorso 22 ottobre dopo cinque mesi di agitazioni che avevano comportato scontri, occupazione delle radio locali da parte dei dimostranti, e cinque morti.

Un referendum tra gli stessi insegnanti aveva approvato a maggioranza (25.000 contro 17.000) il compromesso raggiunto con le autorità locali, ma le manifestazioni sono riprese con violenza nei giorni scorsi, e si sono avuti altri morti, tra i quali un giornalista americano, un insegnante e uno studente. Ingenti truppe federali (oltre 8.000 uomini) hanno occupato il capoluogo, ma la situazione è tuttora di grande tensione, e si intreccia con lo scontro in atto a livello nazionale, dove il candidato della sinistra Obrador ha contestato l’esito delle recenti elezioni, che hanno visto prevalere il candidato della destra Calderon con un minimo scarto di voti (0.58%).

Partito dalla rivendicazione salariale degli insegnanti, il movimento di protesta si è ormai esteso a macchia d’olio, e l’Assemblea popolare dei popoli di Oaxaca (Appo), che rappresenta gli insegnanti e varie organizzazioni sociali, pretende le dimissioni del governatore di Oaxaca, Ulises Ruiz, accusato di aver più volte utilizzato la polizia antisommossa locale per aggredire i manifestanti. All’Appo è giunta la solidarietà del subcomandante Marcos, che incita alla resistenza fino all’allontanamento del governatore.