La numerosità della classe ostacola l’insegnamento individualizzato

Non è soltanto un problema di classi pollaio – che peraltro rappresentano una percentuale contenuta tra le 360 mila classi di scuola statale attivate nel 2019-20 – e dove, comunque, il concetto di ‘pollaio’ è soggettivo. È indubbio tuttavia che la numerosità della classe condiziona notevolmente il lavoro dei docenti anche se impegnati nell’insegnamento individualizzato; una condizione oggettiva, la loro, che va a scapito degli alunni più fragili e con difficoltà di apprendimento.

La numerosità delle classi nelle scuole del primo ciclo costituisce spesso la premessa alle difficoltà di apprendimento che accompagneranno questi ragazzi nel loro percorso scolastico talvolta fino, purtroppo, all’abbandono della scuola che non riesce a sostenerli, a motivarli, a salvarli.

Negli istituti di istruzione secondaria di II grado un quarto delle classi ha un numero di alunni pari o superiore a 25 unità. Nelle prime classi, dove si registrano maggiori ripetenze e abbandoni, questo dato è del 44%.

La numerosità delle classi concorre a incrementare la dispersione scolastica che ha dei costi umani elevatissimi, nonché uno spreco di risorse finanziare (il costo degli insegnanti) che non va a buon fine.

Se a tutto questo si aggiunge la circostanza che in molte classi sono presenti anche alunni con bisogni educativi speciali (BES), ragazzi con DSA o con disabilità, nonché alunni stranieri, si può ben capire che non basta il lavoro pur encomiabile degli insegnanti costretti spesso, proprio a causa della numerosità e complessità della classe, a rifugiarsi nella ordinaria attività di insegnamento con scarsa possibilità di organizzare ambienti di apprendimento adeguati ai bisogni formativi degli alunni.

Insomma gli annunci e le proposte devono essere tradotti in fatti concreti, riducendo decisamente il numero di alunni per classe e, ancor più, là dove sono presenti alunni con disabilità o DSA.