La maturità terzista di Letizia Moratti

La scuola è un servizio troppo importante per il futuro del nostro Paese perché possa essere argomento di scontro ideologico. La scuola non deve appartenere a questa o quella parte politica“.
Non sono parole di qualche think-tank terzista-riformista. Sono di Letizia Moratti, che le ha inserite nella sua lettera a “Repubblica”, in replica ad un articolo di Michele Serra, che il giorno prima aveva commentato in modo positivo i temi scelti per la maturità di quest’anno, definendoli “belli e difficili“, e di “impostazione olimpicamente classicista“.
Ma Serra aveva accompagnato i complimenti con una stilettata delle sue: che c’entrano quei temi con lo spirito modernizzatore e aziendalistico delle “tre i” di berlusconian-morattiana memoria? Forse qualcuno al Ministero aveva fatto il colpo all’insaputa e a dispetto del ministro? Neanche per idea, è stata la risposta della Moratti. I temi “li ho scelti in prima persona tra oltre trecento proposte“, e “non capisco perché si continui a parlare di scuola aziendalista, quando è vero il contrario“. Dopodiché il ministro dà al “caro Serra“, “di solito non tenero nei miei confronti“, il suggerimento di abbandonare i pregiudizi e i luoghi comuni, lo scontro aprioristico, per le ragioni “terziste” sopra riportate.
Che dire? Non c’è dubbio che talvolta, ed anzi francamente troppo spesso, le ragioni della politique politicienne, amplificate dal bislacco bipolarismo all’italiana, facciano aggio sul sereno confronto delle posizioni sul merito dei problemi. Certo, per dialogare occorre che da entrambe le parti ci sia l’intenzione di farlo: l’invito al dialogo oltre che declamato va anche praticato. E occorre individuare un terreno di confronto di comune interesse. Il che sembra arduo, di questi tempi. Però, tanto per restare nel clima “classicistico” della maturità di quest’anno… “spes ultima dea“.