La mancanza di asili-nido spinge gli anticipi della scuola dell’infanzia

La riforma scolastica italiana, prospettando un ampliamento delle scuole dell’infanzia attraverso l’istituto dell’anticipo, ha indirettamente richiamato l’attenzione sugli asili nido, un servizio che rappresenta, ogni giorno di più, quasi un miraggio per molte famiglie italiane.
Dai dati dell’ultimo censimento risulta che nel 2001 fruivano dei servizi dell’asilo nido dodici bambini ogni cento, cioè poco più di un bambino su dieci.
88 bambini sotto i tre anni non accedono dunque agli asili nido, in buona parte perché, soprattutto se ancora molti piccoli, restano in famiglia grazie anche alle tutele per la maternità assicurate dalla normativa italiana. In mancanza di asili nido, intorno ai due anni, migliaia di bambini accedono alle cosiddette sezioni primavera, e alle sezioni ponte organizzate nelle scuole dell’infanzia non statali.
Gli anticipi di iscrizione alle scuole dell’infanzia statali hanno aperto un’insperata nuova prospettiva per migliaia di famiglie, a costi molto più contenuti degli asili nido o delle scuole non statali.
La pressione per ottenere l’iscrizione anticipata alla scuola dell’infanzia è alta, anche se i posti sono pochi (e, dall’interno, vi è una comprensibile resistenza degli insegnanti che temono di vedere alterato il loro profilo professionale), mentre il nuovo istituto dell’anticipo, tra trattative e parziali intese, non è di fatto ancora decollato.
Per capire quali sono gli attuali livelli di erogazione del servizio di asilo nido e, conseguentemente, quali sono le aree dove verosimilmente si sta esercitando una particolare pressione per ottenere gli anticipi di ammissione alla scuola dell’infanzia, si può scorrere la tabella ricavata dai dati del censimento 2001 che fanno registrare livelli regionali fortemente differenziati di servizi di asili nido: in Emilia-Romagna il 22,63% dei bambini frequentano l’asilo nido mentre, all’estremo opposto, in Molise solo 4,81%. Sopra la media nazionale dell’11,80% si trovano la Toscana (16,73%), l’Umbria, il Lazio, la Liguria, le Marche, la Sardegna, la Val d’Aosta, il Piemonte e la Lombardia.