La luce e l’onda: la scuola liberal di Massimo Recalcati

Sulla figura dell’insegnante esiste una copiosa letteratura, che ne ha esaminato il profilo da diversi punti di vista: pedagogico, sociologico, giuridico, fino a farne il protagonista, nel bene e nel male, di opere narrative, dal “Romanzo di un maestro” di De Amicis a “Il maestro e Margherita” di Bulgakov. Con i lavori di Massimo Recalcati la vasta gamma delle rappresentazioni di questa figura si arricchisce di un nuovo approccio, quello psicoanalitico, che ha nello studioso e saggista milanese uno degli esponenti oggi più affermati.

La tesi sviluppata nel suo ultimo lavoro, La luce e l’onda (Einaudi, 2025), ripropone in modo più compiuto, e con uno stile espositivo particolarmente accattivante, la sua interpretazione rigorosamente lacaniana (Jacques Lacan, psicoanalista e psichiatra francese, è l’autore più citato: 28 volte, più di Sigmund Freud, 19) del rapporto tra insegnante-maestro e alunno: il maestro è colui che accende una luce nella mente dell’alunno, e nello stesso tempo produce in lui l’onda del desiderio di apprendere. Per ottenere questo effetto il buon maestro (ma anche il genitore efficace) non deve apparire all’alunno come detentore di un sapere chiuso, indiscutibile, ma sempre come il cercatore di un sapere ancora non definitivo, presentato in modo tale che scatti nell’alunno il desiderio di arricchirlo, anche in competizione con il maestro.   

In totale dissenso con la corrente filosofica post-strutturalista, e in particolare con Michel Foucault (14 citazioni), teorico della scuola-istituzione totale – simbolo del Potere come le carceri e i manicomi –, in cui gli insegnanti hanno il ruolo di custodi di un sapere-potere assoluto, Recalcati (come Lacan, contemporaneo di Foucault) vede, al contrario, nel ripristino dell’autorità (intesa come autorevolezza) dell’insegnante la condizione chiave di un’inversione della tendenza al degrado della funzione educativa della scuola, e nelle “prove” i momenti più educativi, perché consentono all’alunno di scoprire le proprie potenzialità, la propria “capacità generativa”, la propria soggettività e il proprio “talento”: termine visto con sospetto dalla sinistra politico-pedagogica che ne denuncia l’ispirazione individualistica e competitiva, tanto più ora che il ministro Valditara ne ha fatto un suo cavallo di battaglia.

Recalcati, che si è sempre dichiarato politicamente schierato “a sinistra”, su questo punto è invece frontalmente critico verso le aperture, o cedimenti, della sinistra “ideologica” italiana a una concezione iper-inclusiva e antimeritocratica della scuola. A suo giudizio “La cautela sospetta se non l’aperta demonizzazione del concetto di merito nella cultura di sinistra, e del suo significato considerato classista e alternativo all’inclusione, non è affatto estranea al disagio attuale della nostra scuola” anche perché “la lotta contro la meritocrazia affossa inevitabilmente la scuola verso il basso, la stagnazione, l’immobilità, il tran tran senza passione, la routine senza desiderio”. Si dovrebbe andare in direzione opposta, quella indicata dalla Costituzione, che considera il riconoscimento del merito individuale come un valore democratico, “una rottura netta con ogni forma di familismo, di nepotismo, di casta”. “Ma non è forse questo ragionamento”, prosegue, “che dovrebbe garantirane la piena acquisizione del termine ‘merito’ nel vocabolario di una nuova sinistra più riformista e meno ideologica?” (pp.141-145).

Evidentemente c’è modo e modo di sentirsi “di sinistra”. Quello di Recalcati potrebbe essere ricondotto a una visione liberal-socialista, oggi più che mai minoritaria, che si sforza di fare sintesi tra il valore liberale della libertà individuale e quello socialista dell’uguaglianza delle condizioni di partenza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA