Tuttoscuola: Non solo statale

L’A.Ge. a Tuttoscuola: ”Occorre ancora recepire la legge sulla parità”

Nell’ambito delle iniziative legate all’apertura di un canale tematico dedicato alle scuole paritarie, Tuttoscuola ospita un forum, nel quale si apre al mondo dell’associazionismo, ponendo domande sull’istruzione non statale. Ci ha risposto il presidente nazionale dell’A.Ge. Davide Guarneri.

D: Sul finanziamento delle scuole paritarie ci sono tuttora opinioni molto contrastanti, che vanno dal rifiuto di qualunque tipo di sostegno economico all’idea che la preclusione costituzionale (“senza oneri per lo Stato”) vada interpretata nel senso che lo Stato non può avere in nessun caso l’obbligo di finanziare le scuole non statali, anche se paritarie, ma ne può avere la facoltà, ovviamente sulla base di una legge. Qual è la vostra posizione in proposito?

L’Associazione Italiana Genitori, che è articolata in associazioni locali nel territorio e nelle scuole, ha a cuore la crescita complessiva del sistema scolastico, così come definito dalla legge 62/2000, che resta ancora oggi, a nostro parere, il riferimento certo: il sistema pubblico è caratterizzato da istituzioni scolastiche gestite dallo Stato, da enti locali, da realtà non profit (cooperative, congregazioni, altri). Nel contempo, perché una scuola sia “pubblica”, deve rispondere a requisiti di qualità e collocarsi in un sistema unitario.

Definendo, inoltre, i criteri che rendono paritaria una scuola, la legge indica, analogamente, quali siano i requisiti perché ogni scuola sia pubblica: un progetto educativo in armonia con la Costituzione italiana, un P.O.F. adeguato, trasparenza gestionale ed amministrativa, ambienti appropriati, partecipazione democratica negli organi collegiali, accoglienza e accessibilità alla scuola per tutti gli studenti, anche disabili, titolo di abilitazione per tutti i docenti.

Perciò siamo a favore del finanziamento della scuola pubblica, intendendo per “private” le scuole che non hanno i requisiti per essere paritarie, o perseguono un lucro, e comunque scelgono di non accreditarsi nel sistema.

Pensiamo che la legge 62/2000 non sia ancora completamente recepita, nel nostro Paese, sia negli aspetti finanziari che, soprattutto, nel dibattito pubblico e nel quadro politico generale. Ancora troppo frequentemente politici, opinionisti e persino addetti ai lavori utilizzano impropriamente termini come “scuola pubblica” e “scuola privata.. Un’approfondita riflessione sui criteri di “pubblicità” delle scuole probabilmente aiuterebbe l’intero sistema scolastico ad alleggerirsi di molte presunzioni, per accogliere la cultura della valutazione e del miglioramento continuo come prassi ordinaria. Siamo certi, infatti, che in ogni scuola il P.O.F. sia redatto secondo le norme? Oppure che la partecipazione sia effettiva e concreta? O che regolamentazioni seguenti dello stesso Ministero non compromettano la possibilità di accoglienza degli alunni (pensiamo all’elevazione del numero di alunni per classe, alla riduzione degli organici e del sostegno)? Tutti i docenti, dal 2000 ad oggi, avevano, nella scuola statale o paritaria, i titoli di abilitazione richiesti?

Un’ulteriore riflessione, infine, è da porre. La legge 62 nasceva contestualmente all’introduzione dell’autonomia della scuola (L. 59/1997 e DPR 275/1999), nella cultura dell’autonomia, di un sistema fondato su scuole che sviluppano una propria identità, assumono dirette responsabilità, sperimentano e dialogano con il territorio, quindi superando il pregiudizio secondo il quale è pubblico ciò che è omogeneo.

D: Gli interventi per il diritto allo studio, che sono di competenza regionale, non fanno distinzione di trattamento tra alunni di scuole statali e paritarie. Potrebbe essere questa la strada per venire incontro alle maggiori spese dei genitori che scelgono la scuola paritaria?

Che cosa pensa della detraibilità fiscale delle spese sostenute dai genitori che iscrivono i loro figli alle scuole paritarie?

Il diritto e dovere dei genitori di educare e istruire i figli non è ancora pienamente supportato, nel nostro Paese: se decliniamo, infatti, tale diritto-dovere in diritti individuali (diritto di informazione, diritto di scelta) e in diritti collettivi (diritto di partecipazione) cogliamo immediatamente quanta strada sia ancora da percorrere. La piena attuazione della parità scolastica, condizione per la libertà di scelta dei genitori, sarà, infine, effettiva quando le famiglie non saranno più pesantemente condizionate dal pagamento di una retta per la frequenza.

Persino nella scuola statale si chiedono oggi alle famiglie contributi (“volontari”, ma praticamente necessari) consistenti. Non era proprio questa l’auspicata parità: perché la scuola sia “aperta a tutti” (articolo 34 della Costituzione) è necessario che il nostro Paese scelga, convintamente, di investire di più in tutto il sistema pubblico dell’istruzione, sia esso statale o non statale.

Non ritengo opportuna, né attuabile, l’introduzione di un unico strumento a sostegno delle famiglie, poiché il sistema scolastico presenta molte diversità e le variabili in gioco sono complesse (ordine e grado di scuola; grandezza dell’istituto; redditi e composizione dei nuclei familiari diversificati; contesto territoriale, geografico, sociale della scuola; …).

Probabilmente il forte coinvolgimento degli enti locali potrebbe assicurare la realizzazione di reti di scuole paritarie di qualità, attraverso un sistema di convenzioni (esperienza già sperimentata nelle scuole dell’infanzia): le convenzioni potrebbero assicurare uno standard base di requisiti e sostenere processi di miglioramento continuo.

La detraibilità è certamente un aiuto, non risolutivo, poiché interessa solo alcune specificità di contribuenti, e non è un sostegno alle fasce più deboli del Paese, comunque impossibilitate ad accedere alle scuole paritarie.

La strada del diritto allo studio è percorribile accanto alle altre, poiché è comunque un intervento secondario, che aggira il pregiudizio ideologico, ma colloca l’investimento sulla scuola nella sfera del sostegno all’individuo, non come un interesse dell’intera comunità.

Se la tensione ideologica sul tema della parità fosse lasciata da parte, l’individuazione di un sistema misto di strumenti sarebbe senza dubbio più facile.

D: L’ipotesi più radicale è che a tutti i genitori venga dato un buono studio, corrispondente a un costo standard calcolato a livello nazionale, spendibile indifferentemente nelle scuole statali e in quelle paritarie. Che cosa ne pensa?

R: L’assegnazione di “buoni” o “dote” direttamente alle famiglie è uno strumento diffuso, che richiede però criteri di equità e la realizzazione di condizioni di effettiva “spendibilità” di tali buoni. Il “buono” è valorizzabile se integrato con altri strumenti. Inoltre, il buono si colloca, come già detto, nella prospettiva di una individualizzazione del sistema. La scuola non è, a nostro parere, un servizio a domanda individuale.

    D: Nelle ultime settimane si è parlato spesso della costituzione di albi regionali degli insegnanti abilitati, dai quali le istituzioni scolastiche autonome, statali e paritarie, possano attingere direttamente, scegliendo, senza rigidi vincoli, i docenti migliori. Rispetto all’obiettivo di qualificare l’offerta formativa delle scuole, quali elementi positivi o negativi ritiene che abbia la proposta?

R: Il completamento del processo di autonomia delle istituzioni scolastiche potrebbe giungere anche a questo risultato, confermando, dunque, che L 59/1997 e L 62/2000 sono una collegata all’altra. Ai genitori stanno particolarmente a cuore due questioni:

  • condizioni di lavoro dei docenti che promuovano e stimolino la massima continuità (il problema non è la provenienza dei docenti o la loro residenza, ma sono i fenomeni di assenteismo)
  • la qualità dell’insegnamento, tema complesso che unisce la formazione iniziale, il reclutamento, la selezione, la formazione continua, la valutazione del sistema e dei docenti stessi.

Evidentemente, secondo quanto detto sopra, non poniamo distinzioni fra scuole statali e paritarie anche per quanto riguarda l’impegno per la qualità.

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