
Nell’ambito delle iniziative legate all’apertura del canale tematico dedicato alle scuole paritarie, Tuttoscuola ospita un forum, nel quale si apre al mondo dell’associazionismo, ponendo domande sull’istruzione non statale. Ci ha risposto il presidente della Filins Giovanni Piccardo.
D: Sul finanziamento delle scuole paritarie ci sono tuttora opinioni molto contrastanti, che vanno dal rifiuto di qualunque tipo di sostegno economico all’idea che la preclusione costituzionale (“senza oneri per lo Stato”) vada interpretata nel senso che lo Stato non può avere in nessun caso l’obbligo di finanziare le scuole non statali, anche se paritarie, ma ne può avere la facoltà, ovviamente sulla base di una legge. Qual è la vostra posizione in proposito?
R: In proposito la Filins ha sempre sostenuto che il finanziamento deve essere devoluto a favore delle famiglie, in modo che la reale parità possa realizzarsi anche con la libertà di scelta della scuola (statale o paritaria). Questa soluzione supererebbe la norma costituzionale “senza oneri per lo Stato” e attuerebbe finalmente il “diritto dovere all’istruzione” e all’educazione (n.d.r.) superando ogni discriminazione sociale di condizione economica.
Inoltre, questa ipotesi, già prospettata in alcuni disegni di legge presentati in Parlamento, costituirebbe per lo Stato un cospicuo risparmio, considerato che il costo medio di ogni alunno “statale” è di Euro 8.500 all’anno, mentre nelle scuole paritarie è meno della metà.
D: Gli interventi per il diritto allo studio, che sono di competenza regionale, non fanno distinzione di trattamento tra alunni di scuole statali e paritarie. Potrebbe essere questa la strada per venire incontro alle maggiori spese dei genitori che scelgono la scuola paritaria?
R: L’art. V della Costituzione assegna alle Regioni l’organizzazione del servizio scolastico territoriale e il compito di provvedere alla formazione e all’aggiornamento professionale. Questo impegno è diretto a vantaggio di tutti i cittadini (lungo l’arco della vita) ed è affidato alle istituzioni preposte a tale servizio, indipendentemente dal fatto che siano gestite da enti pubblici o da privati.
Solo alcune Regioni hanno introdotto il buono scuola per agevolare la scelta dei genitori che intendono servirsi della scuola paritaria, ma ciò non risolve comunque il problema, sia perché l’aiuto è parziale sia perché il provvedimento non è adottato equamente a livello nazionale.
Inoltre, occorre chiarire che quando si parla di contributi statali alle scuole private ci si riferisce esclusivamente alle scuole dell’infanzia (materne) e primarie (elementari) convenzionate; mentre, nessuna sovvenzione pubblica è concessa alle scuole secondarie paritarie di primo e secondo grado, con evidente discriminazione sociale nei confronti degli studenti appartenenti alla successiva fascia del diritto-dovere all’istruzione (fino al sedicesimo anno d’età).
D: Che cosa pensa della detraibilità fiscale delle spese sostenute dai genitori che iscrivono i loro figli alle scuole paritarie?
R: La Filins, in varie occasioni e in sede istituzionale, ha sempre sollecitato la detraibilità fiscale delle rette di frequenza scolastica, alla stessa stregua delle spese sanitarie.
Ciò consentirebbe alle famiglie un alleggerimento dell’onere economico sostenuto per l’istruzione dei figli in attesa di una soluzione definitiva.
Non si capisce perché le spese sanitarie sono
detraibili e quelle per l’istruzione non lo sono, considerato che
si tratta di servizi pubblici dovuti con pari
dignità da parte dello Stato nei confronti dei cittadini.
D: L’ipotesi più radicale è che a tutti
i genitori venga dato un buono studio, corrispondente a un costo
standard calcolato a livello nazionale, spendibile indifferentemente
nelle scuole statali e in quelle paritarie. Che cosa ne pensa?
R: La vera autonomia delle istituzioni scolastiche e la reale parità troveranno attuazione quando quelle statali e quelle paritarie avranno le medesime prerogative, sia economiche che normative. Questa ipotesi sembra quella più risolutiva, ma trova l’opposizione dei sindacati che hanno nella scuola statale un forte seguito.
A tal proposito è opportuno sottolineare che a tutt’oggi la scuola paritaria, nonostante la legge 62/2000, è considerata ancora un servizio destinato alle famiglie più agiate, quindi “un bene di lusso” da valutare come indice per il redditometro. E questo perché le famiglie che si rivolgono alla scuola paritaria devono pagare due volte: la scuola statale attraverso l’erario e la paritaria con la retta di frequenza.
Si tratta di una situazione abnorme, prettamente italiana, che la Filins intende sottoporre al giudizio della Corte Europea.
D: Nelle ultime settimane si è parlato spesso della costituzione di albi regionali degli insegnanti abilitati, dai quali le istituzioni scolastiche autonome, statali e paritarie, possano attingere direttamente, scegliendo, senza rigidi vincoli, i docenti migliori. Rispetto all’obiettivo di qualificare l’offerta formativa delle scuole, quali elementi positivi o negativi ritiene che abbia la proposta? Inoltre, nelle settimane scorse è stata avanzata la proposta di definire graduatorie regionali che, rispetto a quelle attuali, dovrebbero introdurre nuovi requisiti finalizzati ad assicurare maggiore stabilità dei docenti. La maggiore rigidità che conseguirebbe dalla proposta può assicurare maggiore qualità al servizio? Se sì, sarebbe opportuno che venisse estesa anche alle scuole paritarie?
R: La Filins sostiene che i docenti debbano essere considerati non impiegati, ma professionisti dell’insegnamento: di conseguenza ogni graduatoria (che sia provinciale o regionale) basata sul punteggio, acquisito per anzianità di servizio e titoli, è del tutto deleteria.
Ogni scuola statale dovrebbe poter scegliere il personale docente in base ad una valutazione personalizzata e non codificata dall’esterno. Il valore di un docente va verificato sul campo e non sulla carta…
Ma, anche in questo caso, ci sono i sindacati che si oppongono per ovvie ragioni: non vogliono perdere la loro influenza ed il loro potere “politico”.
La scuola paritaria ha il vantaggio, rispetto alla scuola statale, di poter assegnare i vari insegnamenti a docenti scelti liberamente, purché abbiano i prescritti requisiti.
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