La DAD, il maestro e l’anima che balla

Il rientro in classe di milioni di alunni non ha spento la polemica tra i sostenitori della insostituibilità della didattica in presenza, della quale il movimento “Priorità alla scuola” si è fatto alfiere, e chi ritiene, o auspica, che la didattica a distanza (DAD) possa dare un contributo sostanziale al superamento dei limiti che hanno caratterizzato la scuola tradizionale, il suo impianto disciplinarista, la sua organizzazione simil-militare, gli standard di apprendimento impersonali, le bocciature.   

Tra chi festeggia il ritorno in classe c’è l’insegnante scrittore Alessandro D’Avenia, il cui ampio intervento, pubblicato sul supplemento 7 del Corriere della Sera (9 aprile 2021), è presentato in copertina col titolo “La scuola e l’effetto DAD. Spegneremo le telecamere per riaccenderci” e racconta, echeggiando un po’ Asor Rosa, che “il maestro ha nello sguardo forza poetica e profetica”, e che “solo maestri veri, messi in condizione di essere tali, possono prendersi cura dei ragazzi”, della loro “anima”. Ma “nessuna anima balla se non è libera, nessuna anima è libera se non è amata e l’educazione è l’atto di chi, entrando in una classe, pensa: «Se ci fosse una catastrofe e rimanessimo in vita solo questa classe e io, questo sarebbe il mio mondo, questo sarebbe il mondo intero»”. E dunque questo maestro, si chiede D’avenia, “da dove dovrà cominciare dopo il diluvio?”. E risponde “Da un appello ben fatto. Almeno un quarto d’ora, ogni giorno”. Così, ristabilita la relazione diretta tra maestro e allievi, le cui anime devono percepire l’amore dell’insegnante per ciascuno di loro, “dopo un po’, vedremo le anime ballare”.

Molto diversa è l’opinione di Cristiano Corsini, docente di Pedagogia sperimentale dell’Università di Roma 3, che in un post su Facebook, l’ultimo di una fitta trama di interventi quasi quotidiani, dopo aver ricordato che “Milioni di esseri umani sono rientrati nelle stesse aule di prima, negli stessi ambienti sovraffollati e non arieggiati. Come prima, mancano test sistematici e un tracciamento efficiente. Inoltre, solo l’1% del personale scolastico ha ricevuto le due dosi di vaccino”, avanza una serie di domande: “Dove sono finite le manifestazioni per assegnare priorità alla scuola? Per mesi la stampa ha dato risalto a un movimento che sosteneva di voler assegnare priorità alla scuola. Bene, dove sono ora le manifestazioni che ricordano che una scuola che non tutela la salute di chi ci sta dentro non è una scuola, ma qualcos’altro? Quale priorità è stata assegnata alla scuola? E a quale scuola è stata assegnata priorità?”.

Segue una serie di dubbi: “Non sarà che, scambiando la scuola per qualcos’altro, chi ha chiesto priorità alla scuola ha in realtà favorito un gioco al ribasso sul diritto alla salute e su quello all’istruzione, finendo col dare priorità a un parcheggio utile a custodire figlie e figli in modo da consentire a milioni di persone di tornare al lavoro? È questa l’unica idea di scuola alla quale va assegnata priorità? Non sarà che, scambiando la pedagogia per qualcos’altro, abbiamo nutrito il narcisismo di soggetti che si sono riscoperti leader di quella solfa pietosa, illusoriamente radicale ma nei fatti consolatoria, moralista e dunque retriva e conservatrice, quell’idea indifendibile di pedagogia che da anni nutre i fallimenti che retoricamente denuncia e ai quali deve la propria popolarità?”.

C’è da scommettere che siamo solo all’inizio di un dibattito, di una nuova Querelle des Anciens et des Modernes, dalla quale, auspicabilmente, si uscirà trovando una soluzione forse intermedia ma proiettata in avanti, capace di sommare i vantaggi della didattica in presenza con quelli della DAD nella prospettiva della personalizzazione dei percorsi formativi, che peraltro solo con l’impiego delle nuove tecnologie potrà essere compiutamente realizzata.