La cultura del non concorso

Mentre il concorso previsto dalla legge 107/15 attende la pubblicazione del bando per le prossime settimane, ancora una volta, dopo il proclama del M5S, sembra aumentare l’insofferenza per le procedure selettive che portano al posto fisso nel settore pubblico, ignorando, peraltro, il dettato costituzionale.

Il peso e il rischio di nuove prove valutative spinge gli interessati a chiedere scorciatoie, qualche forma di ope legis che metta fine a nuovi esami e a selezioni. E trovano ascolti compiacenti.

Qualsiasi concorso prevede vincitori ed esclusi. Ebbene, il Movimento 5 Stelle, considerando questi ultimi come esodati, si candida fin d’ora a tutelarli.

Sono rimasti vacanti 8 mila posti nel piano di assunzioni? Lega e M5S propongono di coprirli immediatamente con gli abilitati di seconda fascia. In ruolo subito, senza concorso.

Si fa sempre più strada nella cultura di coloro che aspirano ad un posto fisso nel mondo della scuola che il concorso sia un di più, quasi un orpello, un’anticaglia, un retaggio del passato, uno strumento fuori moda.

Hanno dalla loro, purtroppo, numerosi casi precedenti, messi in atto dallo stesso Parlamento e dai massimi organi della giustizia amministrativa, mediante i quali hanno avuto (e avranno ancora) accesso alle GAE migliaia di docenti che non hanno mai sostenuto o superato un concorso e che, grazie a quell’inserimento, potranno entrare in ruolo. Senza concorso, naturalmente.

Chi è fuori (e in mezzo a loro ci sono anche molte persone preparate) preme per entrare, abbattendo le mura di Gerico della selezione, reclamando un trattamento speciale.

Eppure la Costituzione prevede il primato esclusivo del concorso, che serve a selezionare non solo i candidati migliori, ma anche a bloccare i peggiori. La scuola, prima interessata alla selezione qualitativa degli insegnanti, non può accontentarsi di un docente qualsiasi.