Investimenti e risultati non vanno di pari passo nel Pisa 2009

L’affermazione di Gurria, segretario generale dell’Ocse, secondo il quale l’investimento di risorse influenza il successo formativo in misura molto contenuta, perché “questo fattore spiega solo il 6% delle differenze fra i risultati raggiunti dagli studenti. Sull’altro 94% incidono le politiche educative”, è una dichiarazione destinata a sfatare, anche in Italia, alcune tesi e a riaccendere la polemica sulle riforme del sistema di istruzione.

L’investimento della ricchezza per l’istruzione, tradotta virtualmente in dollari, vede la media dei Paesi Ocse raggiungere 493, 496 e 501 punti rispettivamente in lingua, matematica e scienze a fronte di un investimento medio pro capite di 32.219 dollari.

L’Italia, investendo meno (31.016), ha ottenuto meno: 486, 483 e 489. Il risultato darebbe ragione al partito che chiede maggiori investimenti di risorse economiche.

La Spagna investe un po’ più dell’Italia (31.469), ma ottiene risultati inferiori (481, 483 e 488). La Francia investe più risorse della media Ocse (32.495), ma ottiene risultati (496, 497 e 498) inferiori al previsto. La Polonia, con un investimento molto basso (16.312), ottiene risultati (500, 495 e 508) superiori alla media Ocse e a quelli dell’Italia.

L’Austria investe più della media Ocse (36.839), ma ottiene risultati inferiori (470, 496 e 494).

Vi sono altri dati che evidenziano buoni risultati in presenza di alti investimenti e dati che dimostrano il contrario.

In definitiva si può affermare con Gurria che la quota di Pil investita in istruzione conta ma non è decisiva, e che valgono molto di più le politiche educative di riforma e innovazione. Non è un alibi a non investire, ma un monito forte a privilegiare la qualità, cioè il modo di utilizzare le risorse investite in istruzione e formazione.