Invalsi/1. Quellinsanabile divario Nord-Sud
“Se vuoi istruirti, nasci al Nord”. Non era un invito. Era l’amara (ma non rassegnata) conclusione cui giungeva Aldo Visalberghi nell’aprile 1987 in un articolo pubblicato sul mensile ‘Il Regno di Napoli’ (titolo completo: ‘La scuola senza qualità. Se vuoi istruirti, nasci al Nord’), che riprendeva studi e ricerche condotte dallo stesso pedagogista già dai primi anni settanta dello scorso secolo e che quantificava nel 25% il divario tra Nord e Sud per quanto riguarda le competenze (si direbbe oggi) in Italiano e Matematica-Scienze già a conclusione della scuola elementare.
A conclusioni non troppo diverse giunge, a quasi trent’anni di distanza, il Rapporto 2015 dell’Invalsi (‘Rilevazione nazionale degli apprendimenti 2014-2015’) presentato lo scorso giovedì 9 luglio a Roma nella Sala della comunicazione del Miur: una location segno dell’ormai consolidato ruolo istituzionale dell’Istituto e della valutazione di sistema nell’azione di governo, sottolineato dall’intervento del direttore generale degli ordinamenti e della valutazione Carmela Palumbo. Sembrano lontani e definitivamente trascorsi i tempi dell’attività semicarbonara del Cede, progenitore dell’Invalsi, vista sempre con diffidenza se non con ostilità dalla burocrazia centrale del Miur.
L’assai maggiore ampiezza e completezza di dati – rispetto alle indagini IEA dello scorso secolo – assicurata dal modello di rilevazione adottato dall’Invalsi, che ha inserito all’interno delle rilevazioni nazionali censuarie un corposo campione di 6655 classi con controlli esterni, ha consentito di fare approfondimenti importanti.
Per esempio questo: il divario Nord-Sud è relativamente modesto nella scuola elementare (primaria), forse addirittura è un po’ diminuito dai tempi di Visalberghi, ma cresce e resta fortissimo (con poche variazioni nel tempo) alla fine della scuola media e al secondo anno di scuola secondaria superiore, dove vengono sostanzialmente confermati i dislivelli che emergono anche dalle indagini PISA sui quindicenni.
Se la diagnosi è in linea con quella ‘storica’, anche la prognosi, anzi la terapia, resta la stessa: per ridurre il divario Nord-Sud servono in primo luogo politiche che incidano sul contesto nel quale la scuola vive. Come scriveva Visalberghi nel citato articolo “Anche trasformare o fondare il contesto è impegno ‘educativo’, sia pure non tanto degli operatori scolastici in senso stretto, quanto dei responsabili della politica, dell’amministrazione, dello sviluppo culturale delle regioni meridionali, e soprattutto della loro ‘controparte’, che è lo Stato italiano”. Problema antico e attuale.
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